Cambiare la Fornero. Con equità

by redazione | 3 Maggio 2015 17:35

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Tutti a par­lare del buco da circa 8 miliardi. E nes­suno che parli della sua moti­va­zione prin­ci­pale: la man­canza di equità della riforma Fornero.
A due giorni dalla sen­tenza della Corte costi­tu­zio­nale che ha dichia­rato ille­git­timo il blocco delle riva­lu­ta­zioni deciso con il Sal­vaI­ta­lia di Monti del 2011, il governo sem­bra pren­der­sela più con la Con­sulta (defi­nita da fonti di palazzo Chigi «la vera casta» anche se il suo com­po­nente più famoso, Giu­liano Amato, si è affret­tato a pre­ci­sare che ha votato con­tro l’incostituzionalità) che pen­sare a come modi­fi­care quella vera raz­zia che ha fatto cassa con le pen­sioni degli ita­liani: blocco totale della riva­lu­ta­zione per le pen­sioni di importo supe­riore a 3 volte il minimo (1.405 euro lordi, meno di 1.200 netti) per due anni.

I risparmi per le casse dello Stato è stato di circa 8 miliardi di euro som­mando gli effetti della norma sul 2012 e 2013. Poi è arri­vato Letta che ha cal­mie­rato il blocco, rein­tro­du­cendo la riva­lu­ta­zione al 100 per cento fino a 3 volte il minimo con per­cen­tuali a sca­lare fino al 50 per cento per le pen­sioni di 6 volte il minimo. Ma tutti que­sti importi risen­tono dell’effetto tra­sci­na­mento del blocco della For­nero e dun­que andranno in parte resti­tuiti: lo Spi Cgil cal­cola in circa 1,7 miliardi gli ulte­riori risparmi per lo Stato, per un totale di 9,7 miliardi totali.

Certo, c’è l’urgenza di rispet­tare la sen­tenza e di resti­tuire i soldi ai 6 milioni di pen­sio­nati con una media (cal­co­lata sem­pre dallo Spi) di 1.779 euro a per­sona, come chiede a gran voce la segre­ta­ria gene­rale Carla Can­tone ricor­dando il pre­ce­dente «del con­tri­buto di soli­da­rietà sulle pen­sioni d’oro (defi­nito anch’esso ille­git­timo dalla Con­sulta nel 2013) che fu resti­tuito a stretto giro, tor­nando al mec­ca­ni­smo di riva­lu­ta­zione ante Fornero».

C’è da sta­bi­lire dove repe­rire le risorse, par­tendo di sicuro dal tra­bal­lante «teso­retto» dovuto al pos­si­bile sco­sta­mento della cre­scita del Pil rispetto allo 0,7 pre­detto dal governo.
Ma l’effetto più impor­tante della deci­sione è quello di ripor­tare al cen­tro dell’attenzione del governo il tema della previdenza.

Una que­stione tenuta in disparte e con­si­de­rata «non prio­ri­ta­ria» da Renzi e Poletti e che ora — obtorto collo — lo diventa urgen­te­mente. Il governo aveva già annun­ciato modi­fi­che alla riforma For­nero per la pros­sima legge di sta­bi­lità con il pre­si­dente dell’Inps Tito Boeri che per giu­gno ha pro­messo una pro­po­sta con al cen­tro il pro­blema degli over 55 senza lavoro e pen­sione. La pre­messa era: «La pro­po­sta sarà a costo zero». Ora dovrà per forza rive­derla. Il governo era orien­tato ad un pre­stito: un red­dito fino alla pen­sione, da resti­tuire quando l’assegno men­sile dell’Inps sarà final­mente arrivato.

Una pro­po­sta che però taglia fuori tutto il tema delle pen­sioni — da fame — che avranno i gio­vani pre­cari — cal­co­la­bile da ieri sul sito dell’Inps — e che non assi­cura equità all’intero sistema. «Il governo non può più girarsi dall’altra parte — sot­to­li­nea Carla Can­tone — e deve rimet­tere mano a tutto l’impianto di una riforma che ha pena­liz­zato anziani, adulti e gio­vani. E per farlo biso­gna inter­ve­nire anche sul capi­tolo eso­dati ed età pensionabile».

Ieri intanto l’Ocse — col rap­porto “Oecd360” — ha nuo­va­mente cer­ti­fi­cato l’ingiustizia e le dif­fi­coltà sul fronte del lavoro che carat­te­riz­zano il nostro paese. L’Italia è il quarto paese dell’area Ocse per per­cen­tuale di disoc­cu­pati di lunga durata (ovvero, per­sone che non lavo­rano da un anno o più) sul totale dei senza lavoro. Dal 2007 al 2013 la quota di disoc­cu­pati di lunga durata sul totale dei disoc­cu­pati è salita dal 45 a quasi il 60 per cento, una per­cen­tuale supe­rata solo da Irlanda, Gre­cia e Slovacchia.

In più, nono­stante il red­dito medio dispo­ni­bile cor­retto pro capite delle fami­glie, pari a 24.724 dol­lari all’anno, sia supe­riore alla media Ocse (23.938 dol­lari l’anno), in Ita­lia «c’è un note­vole diva­rio tra i più ric­chi e i più poveri», sostiene il rap­porto. «Il 20% più ricco della popo­la­zione”, si legge nel rap­porto, “gua­da­gna quasi sei volte di più del 20% più povero». m

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