«Bomba» è salva, il Tar sotterra il piano Forest Oil

by redazione | 24 Maggio 2015 9:52

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È il Con­si­glio di Stato a porre fine, ai piedi di un paci­fico lago dell’Abruzzo, ai sogni color dol­laro della Forest Oil Cor­po­ra­tion di Den­ver. I giu­dici, infatti, qual­che giorno fa, hanno decre­tato lo stop defi­ni­tivo al pro­getto del colosso ame­ri­cano di sca­vare pozzi per l’estrazione del metano e di innal­zare una raf­fi­ne­ria, con fiamme e camini, per la desol­fo­ra­zione del gas. «Troppo rischioso per il ter­ri­to­rio e per la popo­la­zione»: que­sto, in pra­tica, è stato sen­ten­ziato e la fac­cenda, che si tra­sci­nava da quasi sei anni e che ha stra­volto il pla­cido scor­rere dei giorni a Bomba, borgo tra le col­line della Val di San­gro, è stata bloccata/bocciata.

Era il 2009 quando la mul­ti­na­zio­nale sta­tu­ni­tense del petro­lio è appro­data nel minu­scolo cen­tro lacu­stre – poco più di 800 anime — con uno stuolo di esperti. Facendo cre­dere che avrebbe por­tato lavoro, rispar­mio sulle bol­lette ener­ge­ti­che e ver­doni. Come? Con le tri­velle. «Sem­pli­ce­mente» bucando ed estraendo gas in una zona geo­lo­gi­ca­mente fra­gile, scon­quas­sata dalle frane e a ridosso del lago arti­fi­ciale nato, a cavallo degli anni Cinquanta-Sessanta, dalla costru­zione di una diga in terra bat­tuta, la più grande d’Europa all’epoca. Troppi regali, troppi van­taggi ven­ti­lati, il piano ha inso­spet­tito i resi­denti, che non si sono fidati di quei supe­rin­ge­gneri che face­vano la fila per con­vin­cerli della bontà dell’iniziativa.

Per «inve­sti­gare e capirci qual­cosa» si è costi­tuito il comi­tato «Gestione par­te­ci­pata del ter­ri­to­rio», capi­ta­nato da Mas­simo Colonna, chi­mico, che ha coin­volto altri pro­fes­sio­ni­sti nell’analisi di atti e documenti.

Così, spul­ciando tra le carte e stu­dian­dole, è sal­tato fuori che si trat­tava in verità di uno scel­le­rato pro­getto: impat­tante, inqui­nante e peri­co­loso. I cit­ta­dini sono stati infor­mati, passo passo, delle sco­perte. Ed è stata rivolta, con i bal­coni delle case riem­pite di len­zuola «No raf­fi­ne­ria. No Forest Oil». Con cor­tei, tuo­nanti pro­te­ste capeg­giate dalle signore del pae­setto, con pre­sidi e con­fronti pub­blici con i cer­vel­loni stra­nieri e il mana­ge­ment Forest, appro­dati, più volte, in forze, a Bomba. Con­te­stati, le loro tesi smon­tate: gli uomini Forest hanno dovuto ripie­gare tra i fischi. «Le hanno ten­tate tutte — dice Colonna -, anche con le bugie. Ma qui abbiamo resistito».

Non hanno con­vinto quelli della Forest: nep­pure quando hanno rac­con­tato che l’impianto avrebbe richia­mato turi­sti e che le cimi­niere, dipinte di verde ed azzurro per non detur­pare, si sareb­bero inse­rite per­fet­ta­mente nel pae­sag­gio di cespu­gli, volpi e caprioli. E’ stata bat­ta­glia dura, anche a colpi di ricorsi.

Lo scon­tro, che ha a mano a mano coin­volto altre asso­cia­zioni eco­lo­gi­ste e movi­menti, è stato soprat­tutto in sede di Valu­ta­zione di impatto ambien­tale del pro­getto da parte del Comi­tato Via della Regione Abruzzo. Che ha dato parere nega­tivo, più d’una volta, «in con­si­de­ra­zione dell’ubicazione del gia­ci­mento al di sotto del lago e della diga interna e delle con­se­guenze cata­stro­fi­che che potreb­bero esserci se crol­lasse a causa della sub­si­denza pro­vo­cata dalle per­fo­ra­zioni». Ma la Forest si è rivolta al Tar (Tri­bu­nale ammi­ni­stra­tivo regio­nale). E, in con­clu­sione, la vicenda è appro­data al Con­si­glio di Stato, quinta sezione. Che, nel pro­nun­ciarsi, fa pre­va­lere l’interesse pub­blico e dice che, prima di tutto, ven­gono la sicu­rezza e il «prin­ci­pio di pre­cau­zione» e motiva le pro­prie deci­sioni par­lando «del rischio di cedi­mento della diga e delle più ampie esi­genze di tutela ambien­tale e di inco­lu­mità pubblica».

Per la Forest, che aveva già comin­ciato a tagliare teste al pro­prio interno? Un sicuro disa­stro: già nel 2012, a fronte di pro­fitti per 1,65 miliardi regi­strati nel 2008, aveva annun­ciato ai pro­pri inve­sti­tori, per­dite per 35 milioni di dol­lari cau­sate da que­sta sto­ria. Per Bomba? Una festa. «Ci siamo riap­pro­priati del nostro futuro», con­clude Mas­simo Colonna.

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