Altri centri e team di controllo stranieri Le clausole dell’Ue penalizzano l’Italia
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C’è una vera e propria clausola che l’Italia dovrà accettare prima del via libera alla distribuzione dei profughi in tutti gli Stati europei. Una condizione preliminare contenuta nel piano messo a punto dai tecnici dell’Unione Europea che dovrà essere discusso mercoledì. Prevede l’invio in Italia di commissioni internazionali per il fotosegnalamento degli stranieri e la creazione sul nostro territorio di centri di smistamento dove i migranti dovranno rimanere fino al completamento della procedura per l’accertamento dell’identità. Solo se questa parte del progetto diventerà operativa, verrà avviato l’esame della proposta per far diventare obbligatoria e non volontaria l’accoglienza da parte dei 28 Paesi e per una revisione del Trattato di Dublino.
I team misti
La possibilità che la cooperazione dell’Ue fosse condizionata era apparsa chiara già durante il vertice del 23 aprile scorso convocato dopo il naufragio che aveva provocato la morte di oltre 700 persone. Eloquenti furono le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel: «Siamo pronti a sostenere l’Italia ma la registrazione dei rifugiati deve essere fatta in modo adeguato secondo le regole Ue». Nella proposta messa a punto a Bruxelles e trasmessa adesso a tutti gli Stati per le valutazioni preliminari il vincolo appare chiaro. È infatti previsto l’arrivo di team stranieri composti da funzionari di Frontex, Europol ed Easo (l’Ufficio europeo per i richiedenti asilo) che si affiancheranno ai poliziotti italiani per effettuare l’identificazione di chi sbarca sulle nostre coste e per collaborare alle indagini sugli scafisti. Già durante la riunione convocata d’urgenza si era parlato di questa eventualità, valutata però dai tecnici del Viminale come una sorta di commissariamento.
Non a caso nei giorni scorsi il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione del ministero dell’Interno, di fronte alla commissione parlamentare sui centri di accoglienza aveva messo in guardia circa il rischio di «accettare impegni immediati in cambio di promesse future». E adesso che l’invio delle squadre è contenuto nella relazione ufficiale, l’Italia risponderà con controdeduzioni.
60 milioni di euro
C’è un altro aspetto sul quale si dovrà discutere. Riguarda quelli che nel testo preparato a Bruxelles vengono definiti «punti di difficoltà». Sono veri e propri centri di accoglienza che l’Italia dovrà impegnarsi a creare e dove i migranti dovranno rimanere fino al termine della procedura per l’accertamento dell’identità o, nel caso dei richiedenti asilo, fino a che non sarà verificata l’esistenza dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato. Si tratta evidentemente di una proposta che di fatto prevede lo stato di custodia di queste persone in modo che non lascino l’Italia per spostarsi in altri Stati. Nella relazione i tecnici impegnano l’Unione Europea a uno stanziamento di 60 milioni di euro per contribuire all’allestimento delle strutture e al mantenimento degli stranieri. Al di là della congruità della cifra, il piano messo a punto dal ministro Angelino Alfano la scorsa settimana al termine dell’incontro con governatori e sindaci già prevede l’allestimento di centri di smistamento in ogni Regione, ma le regole non sono così rigide e soprattutto non è prevista alcuna supervisione straniera. E dunque anche in questo caso bisognerà vedere quale sarà la controproposta messa a punto dagli sherpa italiani.
Le quote e il Pil
Soltanto se questi due punti otterranno il via libera, comincerà la discussione in sede Ue per modificare le attuali regole e prevedere l’obbligo per tutti gli Stati ad accogliere i profughi anziché la disponibilità come avviene ora. Qualora passasse la linea, le quote saranno fissate in base al Pil, il prodotto interno lordo, e al Fondo sociale. Si tratta del primo passo, tutt’altro che scontato, per la revisione del trattato di Dublino che impone la permanenza dei richiedenti asilo nel Paese del primo ingresso, ma appare evidente che i tempi non potranno essere brevi mentre il flusso degli arrivi dall’Africa continua inarrestabile. Non a caso gli stessi funzionari di Bruxelles riconoscono la necessità di stanziare aiuti per lo sviluppo in Africa con un’attenzione particolare all’Eritrea e al Niger, lì dove è maggiore il numero di persone che si mette in viaggio per fuggire da guerra e miseria. In attesa delle decisioni dell’Onu, nulla viene specificato sulla distruzione dei barconi ma si propone una collaborazione dell’Europol nelle indagini sugli scafisti.
E anche su questo il sì dell’Italia potrebbe non essere scontato.
Fiorenza Sarzanini
I team misti
La possibilità che la cooperazione dell’Ue fosse condizionata era apparsa chiara già durante il vertice del 23 aprile scorso convocato dopo il naufragio che aveva provocato la morte di oltre 700 persone. Eloquenti furono le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel: «Siamo pronti a sostenere l’Italia ma la registrazione dei rifugiati deve essere fatta in modo adeguato secondo le regole Ue». Nella proposta messa a punto a Bruxelles e trasmessa adesso a tutti gli Stati per le valutazioni preliminari il vincolo appare chiaro. È infatti previsto l’arrivo di team stranieri composti da funzionari di Frontex, Europol ed Easo (l’Ufficio europeo per i richiedenti asilo) che si affiancheranno ai poliziotti italiani per effettuare l’identificazione di chi sbarca sulle nostre coste e per collaborare alle indagini sugli scafisti. Già durante la riunione convocata d’urgenza si era parlato di questa eventualità, valutata però dai tecnici del Viminale come una sorta di commissariamento.
Non a caso nei giorni scorsi il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione del ministero dell’Interno, di fronte alla commissione parlamentare sui centri di accoglienza aveva messo in guardia circa il rischio di «accettare impegni immediati in cambio di promesse future». E adesso che l’invio delle squadre è contenuto nella relazione ufficiale, l’Italia risponderà con controdeduzioni.
60 milioni di euro
C’è un altro aspetto sul quale si dovrà discutere. Riguarda quelli che nel testo preparato a Bruxelles vengono definiti «punti di difficoltà». Sono veri e propri centri di accoglienza che l’Italia dovrà impegnarsi a creare e dove i migranti dovranno rimanere fino al termine della procedura per l’accertamento dell’identità o, nel caso dei richiedenti asilo, fino a che non sarà verificata l’esistenza dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato. Si tratta evidentemente di una proposta che di fatto prevede lo stato di custodia di queste persone in modo che non lascino l’Italia per spostarsi in altri Stati. Nella relazione i tecnici impegnano l’Unione Europea a uno stanziamento di 60 milioni di euro per contribuire all’allestimento delle strutture e al mantenimento degli stranieri. Al di là della congruità della cifra, il piano messo a punto dal ministro Angelino Alfano la scorsa settimana al termine dell’incontro con governatori e sindaci già prevede l’allestimento di centri di smistamento in ogni Regione, ma le regole non sono così rigide e soprattutto non è prevista alcuna supervisione straniera. E dunque anche in questo caso bisognerà vedere quale sarà la controproposta messa a punto dagli sherpa italiani.
Le quote e il Pil
Soltanto se questi due punti otterranno il via libera, comincerà la discussione in sede Ue per modificare le attuali regole e prevedere l’obbligo per tutti gli Stati ad accogliere i profughi anziché la disponibilità come avviene ora. Qualora passasse la linea, le quote saranno fissate in base al Pil, il prodotto interno lordo, e al Fondo sociale. Si tratta del primo passo, tutt’altro che scontato, per la revisione del trattato di Dublino che impone la permanenza dei richiedenti asilo nel Paese del primo ingresso, ma appare evidente che i tempi non potranno essere brevi mentre il flusso degli arrivi dall’Africa continua inarrestabile. Non a caso gli stessi funzionari di Bruxelles riconoscono la necessità di stanziare aiuti per lo sviluppo in Africa con un’attenzione particolare all’Eritrea e al Niger, lì dove è maggiore il numero di persone che si mette in viaggio per fuggire da guerra e miseria. In attesa delle decisioni dell’Onu, nulla viene specificato sulla distruzione dei barconi ma si propone una collaborazione dell’Europol nelle indagini sugli scafisti.
E anche su questo il sì dell’Italia potrebbe non essere scontato.
Fiorenza Sarzanini
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