I racconti delle 500 famiglie fuggite — «strisciando lungo i muri per scampare ai cecchini», dice Um Ussama all’ Afp — descrivono la selvaggia barbarie dell’Is già testimoniata altrove in Siria e in Iraq: «In via Palestina due membri di Daesh (sigla in arabo dell’Is, ndr) giocavano a palla con una testa mozza», dice Amjad Yaacub, 16 anni. Lo stesso sadismo ha messo in fuga Ibrahim Abdel Fatah, 55 anni: «Ho visto delle teste mozze. Uccidevano i bambini prima degli adulti. Avevo sentito parlare della loro crudeltà, ora l’abbiamo osservata coi nostri occhi».
La resa dei conti tra fazioni rivali è impietosa: sette miliziani affiliati ad Hamas sono stati decapitati, altri 23 combattenti e otto civili sono stati uccisi nella lotta per il controllo di questo sito strategico, ad appena dieci minuti dal centro di Damasco. L’Is e i suoi alleati hanno preso il 90 per cento del campo, con le forze palestinesi arroccate a Nord e Nord Est, e i civili intrappolati nelle case. Ai missili dei jihadisti si aggiungono i bombardamenti dell’esercito. «Ci sono mille morti», dice un deputato araboisraeliano citato dal quotidiano Haaretz.
Tutto questo fa disperare il Commissario Krähenbühl, alla vana ricerca di un interlocutore: non è chiaro — dice — chi eserciti un’influenza sui leader. Perciò Krähenbühl rigira l’appello ai membri dell’Onu con contatti con l’Is: costringano i jihadisti a deporre le armi e consentano la distribuzione di cibo e medicinali. Considerato che gli abitanti già stentavano con un’alimentazione di appena 400 calorie al giorno sulle 2.000 necessarie, «qui si tratta di pura sopravvivenza».