Whirlpool chiude 3 fabbriche 1.350 esuberi alla Indesit proteste e blocchi stradali

Whirlpool chiude 3 fabbriche 1.350 esuberi alla Indesit proteste e blocchi stradali

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ROMA . Cinquecento milioni d’investimenti in quattro anni, tre stabilimenti chiusi e 1.350 esuberi: per l’azienda «è il miglior piano possibile», per i sindacati «una desertificazione inaccettabile ». A pochi mesi dall’operazione che ha messo la Indesit dei Merloni nelle mani della multinazionale Whirlpool, i nodi vengono al pettine: ieri l’azienda ha presentato al ministero dello Sviluppo economico il piano industriale che dovrebbe rilanciare in Europa, e nel mondo, gli elettrodomestici che un tempo facevano capo alla famiglia di Fabriano.
Sotto il profilo dell’occupazione si tratta di un piano lacrime e sangue, che mette sul piatto 1.200 esuberi negli stabilimenti e 150 nei centri ricerca: 400 in più rispetto al precedente progetto. E’ prevista la chiusura dello stabilimento di Carinaro, nel casertano (area già difficile che perderebbe oltre 800 posti) e la cessazione di uno dei due stabilimenti di Fabriano (Ancona): precisamente quello di Albacina (i cui seicento lavoratori dovrebbero essere accorpati nella vicina fabbrica di Melano). In più c’è la dismissione del sito di None (Torino), dove attualmente lavorano novanta addetti fra magazzino e centro ricerche.
Tagli a fronte dei quali la multinazionale pone sul tavolo 500 milioni di investimenti destinati a rilanciare l’efficienza produttiva e a concentrare gli sforzi sugli elettrodomestici da incasso prodotti a Cassinetta (Varese) e sui piani cottura di Melano. In Italia, promette l’azienda, rientreranno produzioni oggi effettuate in Cina, Turchia e Polonia e alla fine ci sarà mezzo milione di pezzi in più. Detto ciò gli esuberi restano, anzi aumentano. Se saranno rispettati gli accordi presi con la multinazionale al momento dell’acquisizione (ottobre 2014) i tagli matureranno solo nel 2018, ma è chiaro che le nuove cifre del piano industriale pongono comunque fine a quella che a molti era sembrata «un’illusione americana». Lo stesso Renzi al momento dell’accordo aveva parlato di «operazione fantastica », destinata a ridare ossigeno ad uno dei settori produttivi più falcidiati dalla crisi: ora, a Palazzo Chigi, si parla di «fulmine a ciel sereno, viste le garanzie avute quando si firmò l’accordo».
Pochi mesi dopo la realtà emerge in tutta la sua crudezza: i sindacati parlano di «desertificazione inaccettabile» e di piano che colpisce solo gli stabilimenti della «vecchia» Indesit lasciano intatti quelli intestati alla Whirlpool. Ieri sera Cgil, Cisl e Uil hanno scioperato uniti per un’ora e mezza, dopo che le tute blu di Albacina erano scese in strada bloccando una provinciale e la superstrada Ancona-Roma – con il sostegno del sindaco e del vescovo di Fabriano. Oggi ci saranno nuove assemblee in tutte le fabbriche, in attesa del vertice al Ministero con governo e azienda messo in calendario per lunedì prossimo.
Contro il piano si è espresso anche il governo: «Faremo di tutto per salvaguardare i posti di lavoro del gruppo in Italia», ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi. «Il piano presenta aspetti positivi come i nuovi investimenti per mezzo miliardo di euro e il rientro in Italia di alcune linee di produzione dall’estero; e aspetti fortemente negativi e inaccettabili come l’importante numero di esuberi, concentrati soprattutto sullo stabilimento di Caserta sul quale pesa la pesante crisi produttiva ereditata dalla Indesit ». La strada da seguire, come in molti altri casi di crisi già trattati dal ministero, sarà quella di arrivare ad un tetto massimo di esuberi, allontanando il più possibile l’incubo occupazionale. Fra tanta tensione, dalla Lombardia arriva l’unica voce fuori dal coro, quella del presidente Roberto Maroni: «Apprezzo molto questo sforzo della Whirlpool che premia un territorio come il nostro», ha detto, riferendosi agli investimenti messi in conto su Varese e tralasciando esuberi e chiusure nel resto dell’Italia.


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