Un clic e vedrai quattro anni di ricerche Vantaggi e rischi della memoria online
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NEW YORK La memoria degli umani è labile per definizione. Quella della rete persiste nel tempo.
Ma ora anche questa differenza tra noi e il mondo digitale può essere cancellata. Google, il dominus pressoché assoluto di Internet, ha deciso di offrire un nuovo servizio agli utenti: recuperare la traccia di tutte, ma proprio tutte, le domande rivolte negli ultimi quattro anni al motore di ricerca. L’unica condizione è avere sottoscritto un account con Google o, più semplicemente avere un indirizzo gmail. Dopodiché, con un paio di clic si può ricostruire un pezzo della nostra storia, o della nostra cronaca personale.
Basta aprire la mascherina iniziale del proprio profilo Google, puntare la rotellina in alto a destra e chiedere di scaricare tutte le ricerche, con una profondità che può arrivare fino al 2011. In un attimo sullo schermo riaffioreranno le curiosità, le urgenze, i bisogni affidati alla rete, compresi i momenti di debolezza e qualche stupidaggine che avevamo rimosso. Gli orari dei treni, l’indirizzo della pizzeria, i biglietti per il teatro. Ma anche gli interrogativi utili o necessari per il lavoro, la formazione, i percorsi educativi. L’azienda californiana, naturalmente, promuove questa nuova funzione, che si chiama Google Takeout, come l’ennesima prova di quanto sia aperto e amichevole il sistema. E inoltre tutto gratis, come sempre, non c’è più neanche bisogno di sottolinearlo.
D’accordo, molti navigatori apprezzeranno senza riserve. Altri, però, potrebbero cominciare a domandarsi se la rete di Google non stia diventando troppo pervasiva. È la questione di fondo sollevata dal Commissario europeo per la concorrenza, Margrethe Vestager. L’indagine dell’Ue vuole accertare se Google non abusi della sua posizione dominante sul mercato, convogliando i navigatori che bussano al motore di ricerca verso una miriade di servizi online che fanno capo alla casa madre. Una specie di maso chiuso, insomma, che non lascerebbe spazio alle alternative. Adesso l’offerta Takeout ricorda a tutti noi smemorati, per l’appunto, che dal 2011 in avanti Google si è preso cura di archiviare, catalogare e sistematizzare tutte le nostre preferenze, le nostre scelte politiche, culturali e religiose, i nostri tic, i nostri vizi e, quando ci sono, le nostre virtù.
C’è una scheda dove, sotto le informazioni anagrafiche, è annotato che cosa ci piace leggere, vedere, ascoltare, mangiare, perfino sognare. Dietro la mascherina così immateriale di Google operano più di 40 «data center» in tutto il mondo, dallo Iowa alla Finlandia, enormi archivi computerizzati pieni di tubi colorati per il raffreddamento dell’aria. Praticamente là dentro ci siamo tutti noi, visto che il motore di ricerca di Google intercetta il 92% delle richieste rivolte attraverso i telefonini, i tablet e i computer.
Quegli archivi custodiscono il tesoro della società di Mountain View. I profili vengono raggruppati e venduti agli inserzionisti pubblicitari. La «profilazione degli utenti», così la chiamano gli esperti di marketing, è una tecnica di promozione che esiste da qualche anno, ma che sta diventando sempre più importante per l’economia aziendale. L’obiettivo finale è arrivare a disegnare un’offerta pubblicitaria su misura, raffinando il più possibile l’identikit del cliente-consumatore. Cerchi un albergo al mare? Bene, da lì in avanti sulla tua mail arriveranno insistenti proposte tarate sul tuo profilo, aggiornato in tempo reale dal 2011 a oggi. Se l’albergo è costoso, qualcuno ti proporrà anche una crociera di lusso; se è una pensioncina alla buona, magari ci sarà qualcun altro che cercherà di venderti un ombrellone.
Il sistema Google accoglie le informazioni e le rivende: anche per questo nel 2014 ha fatturato 66 miliardi, un terzo in più di General Motors che fa auto da cent’anni.
Giuseppe Sarcina
Basta aprire la mascherina iniziale del proprio profilo Google, puntare la rotellina in alto a destra e chiedere di scaricare tutte le ricerche, con una profondità che può arrivare fino al 2011. In un attimo sullo schermo riaffioreranno le curiosità, le urgenze, i bisogni affidati alla rete, compresi i momenti di debolezza e qualche stupidaggine che avevamo rimosso. Gli orari dei treni, l’indirizzo della pizzeria, i biglietti per il teatro. Ma anche gli interrogativi utili o necessari per il lavoro, la formazione, i percorsi educativi. L’azienda californiana, naturalmente, promuove questa nuova funzione, che si chiama Google Takeout, come l’ennesima prova di quanto sia aperto e amichevole il sistema. E inoltre tutto gratis, come sempre, non c’è più neanche bisogno di sottolinearlo.
D’accordo, molti navigatori apprezzeranno senza riserve. Altri, però, potrebbero cominciare a domandarsi se la rete di Google non stia diventando troppo pervasiva. È la questione di fondo sollevata dal Commissario europeo per la concorrenza, Margrethe Vestager. L’indagine dell’Ue vuole accertare se Google non abusi della sua posizione dominante sul mercato, convogliando i navigatori che bussano al motore di ricerca verso una miriade di servizi online che fanno capo alla casa madre. Una specie di maso chiuso, insomma, che non lascerebbe spazio alle alternative. Adesso l’offerta Takeout ricorda a tutti noi smemorati, per l’appunto, che dal 2011 in avanti Google si è preso cura di archiviare, catalogare e sistematizzare tutte le nostre preferenze, le nostre scelte politiche, culturali e religiose, i nostri tic, i nostri vizi e, quando ci sono, le nostre virtù.
C’è una scheda dove, sotto le informazioni anagrafiche, è annotato che cosa ci piace leggere, vedere, ascoltare, mangiare, perfino sognare. Dietro la mascherina così immateriale di Google operano più di 40 «data center» in tutto il mondo, dallo Iowa alla Finlandia, enormi archivi computerizzati pieni di tubi colorati per il raffreddamento dell’aria. Praticamente là dentro ci siamo tutti noi, visto che il motore di ricerca di Google intercetta il 92% delle richieste rivolte attraverso i telefonini, i tablet e i computer.
Quegli archivi custodiscono il tesoro della società di Mountain View. I profili vengono raggruppati e venduti agli inserzionisti pubblicitari. La «profilazione degli utenti», così la chiamano gli esperti di marketing, è una tecnica di promozione che esiste da qualche anno, ma che sta diventando sempre più importante per l’economia aziendale. L’obiettivo finale è arrivare a disegnare un’offerta pubblicitaria su misura, raffinando il più possibile l’identikit del cliente-consumatore. Cerchi un albergo al mare? Bene, da lì in avanti sulla tua mail arriveranno insistenti proposte tarate sul tuo profilo, aggiornato in tempo reale dal 2011 a oggi. Se l’albergo è costoso, qualcuno ti proporrà anche una crociera di lusso; se è una pensioncina alla buona, magari ci sarà qualcun altro che cercherà di venderti un ombrellone.
Il sistema Google accoglie le informazioni e le rivende: anche per questo nel 2014 ha fatturato 66 miliardi, un terzo in più di General Motors che fa auto da cent’anni.
Giuseppe Sarcina
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