Triton, Ue divisa Un blocco di Paesi dice no a più fondi
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«Non c’è accordo tra i Paesi membri per investire nel potenziamento di Triton», è la sostanza fatta filtrare dal Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea. Soprattutto non appare ancora disponibile la cancelliera tedesca Angela Merkel, che da tempo condiziona le principali scelte dell’Ue e nei summit Ue ha respinto le richieste del premier Matteo Renzi. Anche se a Berlino qualcosa sembra muoversi. Merkel ha fatto sapere di voler organizzare un incontro nazionale per fronteggiare le reazioni negative del suo elettorato di centrodestra davanti all’esplosione degli arrivi di rifugiati, più che raddoppiati nel primo trimestre di quest’anno e a rischio di diventare 400 mila entro dicembre (rispetto ai 100 mila accolti nel 2013). Tante imprese tedesche, favorevoli agli immigrati per utilizzare il loro lavoro a basso costo, si scontrano con le proteste del partito anti-Islam Pegida.
L’atteggiamento immobile e dilatorio dell’Ue provoca contestazioni in serie contro la Commissione europea del lussemburghese Jean-Claude Juncker. «Non sono accettabili le parole rinunciatarie di alcuni esponenti della Commissione europea sulla missione Triton — ha dichiarato il vicepresidente dell’Europarlamento David Sassoli del Pd —. Non affronta un problema solo italiano. Per questo c’è bisogno di un coinvolgimento più impegnativo di tutti gli Stati membri, in termini economici e logistici». Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha parlato di posizione «imbarazzante». L’eurodeputato e leader della Lega Matteo Salvini ha detto che, se fosse premier, porterebbe a Bruxelles «200 pullman con 10 mila immigrati e gli presenterei il problema lì dove si riuniscono». Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, ha accusato l’Ue di «lavarsi le mani di fronte ad una dramma che sarà sempre più insopportabile dall’Italia».
Ivo Caizzi
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