La Grecia mette sul piatto la lista di riforme con cui spera di sbloccare le trattative con i creditori mentre Yanis Varoufakis — aggredito nella serata di martedì da un gruppo di anarchici ad Atene — rivendica il suo ruolo di leader del team di negoziatori di Atene. «In qualità di ministro delle Finanze sono e resto il responsabile e guiderò la delegazione all’Eurogrupo dell’11», ha detto il vulcanico economista.
La strada da qui a quel giorno però è ancora molto lunga. E il governo Tsipras ha assoluto bisogno di raggiungere prima di allora un’intesa-ponte che consenta a Bce, Ue e Fmi di girarle un anticipo dell’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi di euro. Senza mezzi freschi e con le casse vuote, infatti, la Grecia rischia di avvitarsi nel default in tempi molto brevi. Molti osservatori sono certi che non sarebbe nemmeno in grado di pagare gli 800 milioni di prestiti del Fondo Monetario in scadenza il 12 maggio.
Tsipras spera di scongelare lo stallo grazie agli interventi presentati ieri informalmente al Brussels Group, destinati a diventare una proposta di legge da presentare in Parlamento forse già oggi. Una prova di buona volontà che però potrebbe non bastare a convincere l’ex Troika.
Questo primo pacchetto di provvedimenti conterrebbe un giro di vite sul contrabbando di sigarette e tabacco, lo scudo fiscale per i capitali all’estero, una sorta di patrimoniale per la fascia più ricca della popolazione oltre a nuove regole sulle frequenze televisive e misure per la lotta all’evasione. Tra i ramoscelli d’ulivo per i creditori ci sarebbe un rinvio dell’aumento del salario minimo, la conferma della tassa unica sulla casa e il via libera alla privatizzazione del Pireo. Restano però alcune “linee rosse” che non piacciono alla Ue: «Su questioni delicate come le pensioni non siamo disposti ad intervenire», ha garantito Euclid Tsakalotos, nuovo capo dei negoziatori. Non solo. Il Parlamento ha approvato ieri la riapertura della tv pubblica Ert, chiusa su richiesta della Troika dal governo Samaras.
Il percorso verso l’intesa è sempre molto in salita: «Syriza non approverà mai misure contro il popolo», ha detto Panagiotis Lafazanis, ministro dell’energia e leader dell’ala radicale del partito. Qualsiasi intesa dovrà avere l’ok del Parlamento ellenico ma anche di quello tedesco. E diversi funzionari europei hanno fatto presente di nuovo ieri che alla Grecia non basta una riforma ponte, ma bisogna discutere subito del terzo piano di salvataggio. Parole che non piaceranno certo a Tsipras. Il governo del resto ha pronta nella manica la carta di riserva. Se le condizioni della Ue saranno fuori dal suo programma elettorale, passerà il cerino in mano ai greci con un referendum. E a quel punto — visti i sondaggi — Atene potrebbe dire di sì a un’altra dose di austerity pur di non uscire dall’euro.