COME NASCE IL “TESORETTO”?
Venerdì scorso, dopo la riunione del consiglio dei ministri per l’esame del Def, Renzi aveva espresso qualche scetticismo terminologico nell’evocare la parola «tesoretto» («Porta male, meglio parlare di qualcosa da parte», aveva detto). Ma alla fine la suggestione comunicativa della parola ha preso il sopravvento anche nella conferenza stampa di ieri sera. Ed ecco il “tesoretto” da 1,6 miliardi. Come nasce? A monte di tutto c’è il miglioramento delle prospettive di crescita dell’economia internazionale (euro-petrolio-tassi) che ha portato il governo ad alzare le stime del Pil per quest’anno dallo 0,6 allo 0,7 per cento e per il 2016 dall’1 all’1,4 per cento. Con maggiore crescita c’è maggior gettito che, unito alla riduzione della spesa per interessi dovuta all’effetto-Draghi, consentirebbe di avere per inerzia (a livello «tendenziale» come si dice) di abbassare il deficit nominale quest’anno al 2,5 per cento e il prossimo all’1,4 per cento. Siccome le vecchie stime indicavano per quest’anno il 2,6 e per il prossimo l’1,8 per cento, il governo ha deciso di non intervenire nuovamente con tagli e sacrifici giacché siamo abbondantemente sotto il 3 per cento. Di conseguenza si liberano risorse, nel senso che non sarà necessario fare tagli, per lo 0,1 per cento del Pil (1,6 miliardi) per quest’anno e di 6,4 miliardi per il 2016 (0,4 del Pil).
LA PARTITA CON BRUXELLES
Tuttavia l’operazione non sarebbe stata così semplice perché oltre alla «regola del deficitpil al 3 per cento» dobbiamo anche rispettare la «regola del debito» che ci impone ogni anno una riduzione dello 0,5 per cento strutturale (cioè al netto della congiuntura). Questa regola è già stata rispettata per il 2015 con l’intervento di rafforzamento della manovra chiesto da Bruxelles nell’autunno scorso e dunque lo 0,1 per cento si può spendere quest’anno senza problemi. Per il prossimo anno invece il taglio dello 0,5 deve essere fatto. Padoan e i suoi tuttavia per eliminare questo ostacolo, che avrebbe vanificato il “tesoretto”, chiedono a Bruxelles, nel Programma di Stabilità che dovrà essere inviato alla Commissione entro il 30 aprile, di potere utilizzare la «clausola delle riforme» che consente, a fronte dei vari provvedimenti in corso di approvazione (Jobs act, pubblica amministrazione, giustizia ecc.) di limitare la correzione allo 0,1 per cento e far salire il deficit strutturale allo 0,4 per cento, esattamente pari a 6,4 miliardi che avrebbero dovuto esser tagliati e non lo saranno. Se Bruxelles sarà d’accordo con le stime di Roma potranno essere utilizzati per sterilizzare l’aumento dell’Iva.
SPENDING REVIEW DA 10 MILIARDI
Nessun taglio alle pensioni come ha assicu- rato Mr. Forbici Yoram Gutgeld ma otto aree di intervento per recuperare 10 miliardi necessari alla sterilizzazione dell’aumento dell’Iva (uniti ai 6,4 che emergeranno nel 2016). Dove si interverrà? Il Def spiega che per gli enti locali si prevede l’allineamento delle regole del Patto di stabilità interno a quelle europee: costi standard e pubblicazione online degli indici di performance ma — come ha assicurato Renzi nel corso dell’incontro con i sindaci — nessun taglio ulteriore. Nel mirino le aziende municipalizzate: in particolare il documento cita le aziende di trasporto pubblico e quelle di raccolta dei rifiuti che «soffrono di gravi e crescenti criticità di costo». Terzo punto d’attacco i 10 mila capitoli di spesa dello Stato centrale e la riorganizzazione di Prefetture e delle altre strutture periferiche. Al quarto punto la creazione di una «unità indipendente di valutazione » degli investimenti pubblici al fine di ridurre i costi. Sul Welfare, il Def annuncia una stretta sulle pensioni di invalidità finalizzata a eliminare le differenze tra Nord e Sud e alla creazione di un nuovo modello di assistenza che ottimizzi il coordinamento tra Inps, Comuni e Asl. Maggiore impatto anche della centrale degli acquisti per i beni della pubblica amministrazione. Al settimo e ottavo punto: la stretta sulle detrazioni fiscali e la «ricognizione» degli incentivi alle imprese per una «successiva razionalizzazione ».
OPERE, LE 25 “PRIORITÀ DELLE PRIORITÀ”
Il programma delle infrastrutture strategiche del Def punta su 25 opere nazionali necessarie alla competitività del paese e alla mobilità urgente delle aree urbane. Viene indicato un «nucleo ristretto di opere» per 70,9 miliardi, spiega una nota del ministero delle Infrastrutture, «compiendo principalmente la scelta del ferro (ferrovie e metropolitane): opere che possono essere definite le “priorità delle priorità” su scala nazionale». Rispetto al primo screening che portava le opere a 51 ci si concentra sulla metà delle opere seguendo criteri di «effettiva rilevanza». Le altre opere tuttavia non vengono abbandonate: porti, logistica, opere idriche, aeroporti ed edilizia scolastica restano ugualmente obiettivi ma contenuti nel Documento pluriennale di pianificazione strategica.