Primato dei tagli a Firenze e Verona Lite tra i sindaci su chi risparmia di più

by redazione | 9 Aprile 2015 9:14

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ROMA Un euro ogni tre. Non deve essere semplice far quadrare i conti se i tagli si portano via il 30% del bilancio. Ma è questo il guaio che devono affrontare dieci città, a partire da Firenze e passando per Monza, Verona, Padova, Rimini e poi giù fino a Taranto, in un grande giro d’Italia della spending review . A tutto c’è una spiegazione, però. Anche stavolta.
La legge di Stabilità 2015 dice che le province quest’anno devono risparmiare 900 milioni di euro, senza considerare le Regioni a statuto speciale. La novità sta nel come dividere la torta, nella strada seguita per decidere che, in termini assoluti, la fetta più grande spetta a Roma con 87 milioni (25%) di euro mentre Milano si ferma a 17 milioni (6,6%) e Bologna a 5 milioni (6,6%). Il metodo è stato già deciso ma fa ancora discutere i sindaci. Come quello di Bologna, Virginio Merola, che ieri ha accusato il suo collega di Firenze, Dario Nardella, vicepresidente dell’Anci, preoccupato dei tagli nella propria città, di non rappresentare tutti i sindaci, ma di difendere solo la propria posizione. I «numeri sono numeri» ha replicato Nardella.
Ma qual è stata la procedura utilizzata? Niente tagli lineari, cioè la sforbiciata uguale per tutti. Ma il metodo dei costi standard, cioè il calcolo di quanto dovrebbe costare davvero un servizio se tutto funzionasse a dovere. Per ogni provincia è stata presa la media della spesa nel periodo 2010-2012. Poi ci si è concentrati sui soldi usati per quelle funzioni che ancora adesso spettano alle province, come le scuole e le strade. E infine si è cercato di rendere «efficiente» quella voce. Come? Un esempio per capire. Sulla spesa per le scuole si è tenuto conto di due parametri: il numero degli edifici e la relativa fascia climatica, perché per le province, scuola vuol dire essenzialmente bolletta del riscaldamento. Per le strade invece si è fatta una valutazione sulla superficie e sulla presenza di tratti di montagna, più costosi per la manutenzione.
Poi si è passati al capitolo «entrate». Anche qui un esempio. Le province hanno tre tasse a disposizione ma la più importante è la Rc auto, quella sulla responsabilità civile di chi guida. Ovunque si applica l’aliquota massima: il 16%. Solo quattro province avevano fissato una soglia inferiore: Firenze, Sondrio, Vicenza e Avellino. Avere una tassa più bassa ha attirato in zona diverse aziende di autonoleggio. Ma quelle città non hanno in questo modo utilizzato per intero la loro «capacità fiscale». Così ora, in base al metodo usato dal governo, i loro tagli dovranno arrivare al massimo, cioè al 30%.
Non è un paradosso bastonare di più chi tassa meno i propri cittadini? «No — risponde il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa — perché la percentuale dei tagli non è stata decisa in base alla virtuosità delle singole amministrazioni. Ma per garantire equità fra le diverse aree del Paese. Quindi, va bene se Firenze decide di far pagare meno la Rc auto. Ma non è che per questo posso tagliare di più a chi vive a Brindisi».
Non è l’unica critica al metodo, però. Sul versante dei costi, l’Unione delle province dice, ad esempio, che, per calcolare quelli dell’ambiente, si considerano popolazione e rischio frane. Mentre un «dato più significativo sarebbe il numero delle aree protette, delle industrie, il livello di inquinamento». Non era possibile un calcolo più dettagliato? «Naturalmente — dice il sottosegretario Bressa — tutto è perfettibile. Ma prima non andavano bene i tagli lineari, adesso non va bene adeguare gli interventi alle diverse realtà. Vorrà dire che la prossima volta useremo il sorteggio. Come in Champions League».
Lorenzo Salvia
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