Opg, le tante resistenze alla chiusura

Opg, le tante resistenze alla chiusura

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Il pros­simo 24 giu­gno la Corte Costi­tu­zio­nale deci­derà sulla que­stione sol­le­vata dal Tri­bu­nale di Sor­ve­glianza di Mes­sina, che lamenta la vio­la­zione di ben 13 arti­coli della Carta (e, tra essi, di 4 Prin­cipi fon­da­men­tali) ad opera della legge 81/2014, che pre­vede la chiu­sura degli Ospe­dali psi­chia­trici giu­di­ziari. Le dispo­si­zioni cen­su­rate sono quelle secondo le quali la sola man­canza di un pro­getto di cura non può costi­tuire motivo a soste­gno del giu­di­zio di peri­co­lo­sità, né che lo stesso può fon­darsi sulla base di ele­menti ine­renti le con­di­zioni di vita indi­vi­duali, fami­liari e sociali delle persone.

Non trat­tan­dosi di let­tura «a rime obbli­gate», come si dice tec­ni­ca­mente, ben poten­dosi dare un’interpretazione diversa e costi­tu­zio­nal­mente orien­tata della norma denun­ciata come ille­git­tima, si può con­fi­dare che la Con­sulta saprà pro­teg­gere la novella. Infatti, la norma cri­ti­cata dai giu­dici sici­liani rias­se­gna alla magi­stra­tura l’onere della deci­sione sul destino delle per­sone, quando non avvenga (come la legge peral­tro impone di fare) una presa in carico da parte dei servizi.

Quanto all’accusa di «neo posi­ti­vi­smo», deri­vante dal dimi­diato para­me­tro di valu­ta­zione della peri­co­lo­sità, essa appare risi­bile; la modi­fica intro­dotta dalla legge sem­pli­ce­mente tende ad impe­dire la coa­zione a ripe­tere la misura dell’internamento.

La ragione dell’attacco fron­tale è sem­pre la stessa, la cosid­detta sicu­rezza sociale.

Regioni total­mente ina­dem­pienti come il Veneto, oppure orien­tate a sca­te­nare un con­flitto tra le diverse ed incom­pa­ti­bili esi­genze di dete­nuti ed inter­nati, come la Toscana; Comuni restii ad acco­gliere «i matti» sul ter­ri­to­rio, secondo un’insopportabile logica nimby, psi­chia­tri osses­sio­nati dalla «posi­zione di garan­zia», che temono accre­sciuta, magi­strati autori di inter­pre­ta­zioni bizzarre.

In mezzo a tutto que­sto, restano volti e nomi, final­mente resti­tuiti a se stessi, ma che devono essere accom­pa­gnati verso la via di uscita e la libe­ra­zione da una con­di­zione che per decenni li ha obbli­gati «a viver come bruti».

Di sicuro, il dif­fi­cile viene ora. E’ neces­sa­rio che la magi­stra­tura com­prenda fino in fondo che non può dele­gare ai periti un giu­di­zio che le com­pete, e che l’Avvocatura sap­pia adem­piere al suo ruolo di tutela dei diritti, con con­sa­pe­vo­lezza e preparazione.

E’ indi­spen­sa­bile che il per­so­nale medico, tutto, si apra al biso­gno di cura, abban­do­nando pra­ti­che medioe­vali come la con­ten­zione, mas­sic­cia­mente pra­ti­cata, non solo negli Opg.

In pro­spet­tiva, ovvia­mente, biso­gnerà supe­rare la logica del dop­pio bina­rio, in nome della quale si è edi­fi­cato un sistema di potere sul quale pochi hanno aperto gli occhi ed alzato la voce.

Come è emerso con chia­rezza dalle Rela­zioni dei Mini­stri della Salute e della Giu­sti­zia, le per­sone rite­nute non ancora dimis­si­bili per ragioni con­nesse alla loro pato­lo­gia sono meno di un cen­ti­naio; vien dun­que da chie­dersi a cosa serva, e a chi, pre­ve­dere una plu­ra­lità di strut­ture neo mani­co­miali, anche con l’ausilio del pri­vato sociale, che nella loro par­cel­liz­za­zione rischiano di ricreare un sistema che si vuole supe­rare. Il modello Casti­glione delle Sti­viere, che con sapiente maquil­lage si appre­sta a pro­se­guire gat­to­par­de­sca­mente lo schema di «asy­lum», non può diven­tare l’esempio da seguire, ed anzi va for­te­mente con­tra­stata la pre­tesa di poter tut­tora con­ci­liare la cura con gli stessi stru­menti del passato.

Ter­ri­to­rio, inclu­sione, par­te­ci­pa­zione, respon­sa­bi­lità, cura delle per­sone, non solo delle malat­tie, sono le coor­di­nate di civiltà e di uma­nità su cui orien­tare il cam­mino che ci attende.

(dos­sier chiu­sura Opg su www?.fuo?ri?luogo?.it)



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