L’Iran accoglie le richieste occidentali per dimostrare, ha ricordato il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif durante la lettura della dichiarazione congiunta con l’alto commissario Federica Mogherini, ciò che ha sempre sostenuto: il diritto a sviluppare l’energia nucleare per scopi pacifici e non per dotarsi di una bomba atomica. Ottiene in cambio il ritorno nel consesso internazionale da cui era stata esclusa 9 anni fa. Cadono, da subito, le sanzioni imposte da una risoluzione dell’Onu nel 2006 e rafforzate con una seconda risoluzione nel 2008. Saranno abolite anche quelle decise dall’Ue nel 2012 e che avevano finito per strangolare economicamente il regime degli ayatollah. E’ la fine di un’era avvolta dal gelo e circondata dalla diffidenza. L’inizio di un nuovo futuro nel quale l’Iran potrebbe assumere un ruolo decisivo. Da un punto di vista economico e commerciale, con le esportazioni del petrolio e del gas e di migliaia di altri prodotti. Ma anche geopolitico, in una regione sconvolta dallo scontro tra le grandi monarchie sunnite, guidate dall’Arabia Saudita, e i paesi sciiti, dominati dal paese degli ayatollah. Con la guerra in Siria Yemen e Iraq, le tensioni in Libano, l’avanzata del-l’Is, i massacri degli Shabab come quello di ieri in Kenya.
L’accordo non è stato facile. Ci sono voluti 7 giorni e 7 notti, spesso passate insonni. Le lunghe pause, le consultazioni tra delegazioni e iresoconti del segretario di Stato John Kerry al presidente Obama, coperti da un tendone bianco per evitare anche la minima intercettazione, le dichiarazioni alla stampa, le indiscrezioni, le voci, le conferme e le smentite, hanno trasformato questa trattativa in una sottile partita di poker. Le insofferenze dei cinesi, i timori russi di veder ridimensionato il loro potere di veto all’Onu, la voce grossa dei francesi, le perplessità dei tedeschi, i sospetti degli americani. Fino alle urla israeliane con Netanyahu che minacciava l’opzione militare: «Un errore storico», ringhia a tarda sera. Mentre per il presidente americano con l’intesa «il mondo sarà più sicuro».
Tattiche, giochi delle parti. Non solo. Ci sono molte forze e paesi che hanno sperato in un naufragio. L’Alto rappresentante della politica estera europea, Federica Mogherini, ha resistito coordinando le delegazioni. Ha riunito gli europei, li ha messi a confronto con gli Usa, ha presieduto la sessione plenaria. Poi ha lasciato soli, per l’ultima decisiva volta, i due protagonisti della partita, Kerry e Zarif. Gli sherpa si sono messi al lavoro e hanno steso, riga per riga, il documento finale. Tra le nuove proteste minacciose di Netanyahu e i ruggiti rabbiosi dei repubblicani a Washington. Alle 16, l’annuncio con un tweet: “Abbiamo l’accordo”. Ora entrano in campo i tecnici. Fino al 30 giugno lavorano ai dettagli su nucleare e sanzioni.