Nucleare, accordo dopo 35 anni Teheran ferma le sue centrali

Nucleare, accordo dopo 35 anni Teheran ferma le sue centrali

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LOSANNA . È il momento della pace in un giorno di guerra nel mondo. L’Europa, gli Usa e l’Iran firmano uno storico accordo che riporta le lancette del tempo indietro di 35 anni. Teheran accetta di ridurre del 66% la sua produzione nucleare e ottiene in cambio la revoca di tutte le sanzioni economiche e finanziarie imposte dalla Ue e dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Resta attiva solo la centrale di Natanz che continuerà il suo processo di arricchimento dell’uranio. Quella di Fardow, forse la più misteriosa perché costruita sotto una montagna, verrà convertita in un sito per la ricerca in fisica. Chiude Arak, alimentata con acqua pesante, e il plutonio prodotto in questi anni verrà trasferito all’estero. La stessa Europa contribuirà a costruirne una nuova con finalità mediche e di sviluppo scientifico. Delle circa 19 mila centrifughe istallate ne resteranno operative solo 6.104, delle quali 5.060 in grado di arricchire l’uranio, nei prossimi 10 anni. Tutte quelle attive saranno comunque di prima generazione. L’Iran accetta di non arricchire l’uranio oltre il 3,67 per cento, quindi senza capacità reattiva nucleare, per 15 anni. Ha deciso di ridurre la quantità prodotta dalle attuali 10 tonnellate a basso arricchimento a 300 chili, sempre arricchiti al 3,67 per cento, per i prossimi 15 anni. Per lo stesso arco di tempo non realizzerà strutture in grado di arricchire l’uranio. Gli ispettori della Aiea, l’agenzia per l’atomica dell’Onu, avranno libero accesso alle centrali. E sarà dunque l’Aiea a stabilire se l’Iran osserva le condizioni dell’accordo e ad aprire la strada verso l’ulteriore revoca delle sanzioni.
L’Iran accoglie le richieste occidentali per dimostrare, ha ricordato il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif durante la lettura della dichiarazione congiunta con l’alto commissario Federica Mogherini, ciò che ha sempre sostenuto: il diritto a sviluppare l’energia nucleare per scopi pacifici e non per dotarsi di una bomba atomica. Ottiene in cambio il ritorno nel consesso internazionale da cui era stata esclusa 9 anni fa. Cadono, da subito, le sanzioni imposte da una risoluzione dell’Onu nel 2006 e rafforzate con una seconda risoluzione nel 2008. Saranno abolite anche quelle decise dall’Ue nel 2012 e che avevano finito per strangolare economicamente il regime degli ayatollah. E’ la fine di un’era avvolta dal gelo e circondata dalla diffidenza. L’inizio di un nuovo futuro nel quale l’Iran potrebbe assumere un ruolo decisivo. Da un punto di vista economico e commerciale, con le esportazioni del petrolio e del gas e di migliaia di altri prodotti. Ma anche geopolitico, in una regione sconvolta dallo scontro tra le grandi monarchie sunnite, guidate dall’Arabia Saudita, e i paesi sciiti, dominati dal paese degli ayatollah. Con la guerra in Siria Yemen e Iraq, le tensioni in Libano, l’avanzata del-l’Is, i massacri degli Shabab come quello di ieri in Kenya.
L’accordo non è stato facile. Ci sono voluti 7 giorni e 7 notti, spesso passate insonni. Le lunghe pause, le consultazioni tra delegazioni e iresoconti del segretario di Stato John Kerry al presidente Obama, coperti da un tendone bianco per evitare anche la minima intercettazione, le dichiarazioni alla stampa, le indiscrezioni, le voci, le conferme e le smentite, hanno trasformato questa trattativa in una sottile partita di poker. Le insofferenze dei cinesi, i timori russi di veder ridimensionato il loro potere di veto all’Onu, la voce grossa dei francesi, le perplessità dei tedeschi, i sospetti degli americani. Fino alle urla israeliane con Netanyahu che minacciava l’opzione militare: «Un errore storico», ringhia a tarda sera. Mentre per il presidente americano con l’intesa «il mondo sarà più sicuro».
Tattiche, giochi delle parti. Non solo. Ci sono molte forze e paesi che hanno sperato in un naufragio. L’Alto rappresentante della politica estera europea, Federica Mogherini, ha resistito coordinando le delegazioni. Ha riunito gli europei, li ha messi a confronto con gli Usa, ha presieduto la sessione plenaria. Poi ha lasciato soli, per l’ultima decisiva volta, i due protagonisti della partita, Kerry e Zarif. Gli sherpa si sono messi al lavoro e hanno steso, riga per riga, il documento finale. Tra le nuove proteste minacciose di Netanyahu e i ruggiti rabbiosi dei repubblicani a Washington. Alle 16, l’annuncio con un tweet: “Abbiamo l’accordo”. Ora entrano in campo i tecnici. Fino al 30 giugno lavorano ai dettagli su nucleare e sanzioni.


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