No allo «spionaggio» sul lavoro

by redazione | 5 Aprile 2015 10:04

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Boc­cia­tura euro­pea per il Jobs act. Se la Cgil punta a uti­liz­zare la Carta dei diritti euro­pei come base per i ricorsi sulle modi­fi­che all’art. 18, ieri è arri­vata uno stop alla nuova nor­ma­tiva sul con­trollo a distanza.

Il Jobs Act apre le porte all’uso delle nuove tec­no­lo­gie per il con­trollo a distanza dei lavo­ra­tori, ma dal Con­si­glio d’Europa arriva l’altolà con un espli­cito divieto. Le aziende dun­que dovranno non inter­fe­rire nella vita pri­vata di chi lavora per loro. A fis­sare i paletti entro cui è lecito agire è una rac­co­man­da­zione del comi­tato dei mini­stri del Con­si­glio d’Europa, che mira a pro­teg­gere la pri­vacy dei lavo­ra­tori di fronte ai pro­gressi tec­no­lo­gici che per­met­tono ai datori di lavoro di rac­co­gliere e con­ser­vare ogni tipo di infor­ma­zione.
Il testo, pur non avendo valore vin­co­lante, può essere usato davanti ai tri­bu­nali nazio­nali, e poi even­tual­mente alla Corte di Stra­sburgo, da chi ritenga vio­lata la sua pri­vacy. Quindi, oltre ad essere una rac­co­man­da­zione a governi e par­la­menti a legi­fe­rare in tal senso, è anche una sorta di vade­me­cum che i lavo­ra­tori pos­sono uti­liz­zare per far rispet­tare i loro diritti. La rac­co­man­da­zione impone limiti fer­rei su qual­siasi tipo di con­trollo nei con­fronti dei dipen­denti e sulla rac­colta e l’utilizzo di tutti i loro dati personali.

Viene cosi sta­bi­lito che ai datori di lavoro è vie­tato usare qual­siasi tec­no­lo­gia al solo scopo di con­trol­lare le atti­vità e i com­por­ta­menti dei dipen­denti, ma soprat­tutto che nel caso si renda neces­sa­rio uti­liz­zare tele­ca­mere o altri sistemi di sor­ve­glianza que­sti non dovranno mai essere posi­zio­nati in zone dove nor­mal­mente i dipen­denti non lavo­rano, come spo­glia­toi, aree ricrea­tive, o mense. Off limits anche tutte le comu­ni­ca­zioni ’pri­vate’ dei dipen­denti. Men­tre l’accesso a quelle pro­fes­sio­nali, per esem­pio una mail a un col­lega, è con­sen­tito solo se il lavo­ra­tore è stato infor­mato che que­sto può acca­dere, e uni­ca­mente se l’accesso è neces­sa­rio per motivi di sicu­rezza o, per esem­pio, per garan­tire che un lavoro venga terminato.

Il lavo­ra­tore ha il diritto di sapere quali dati il ’padrone’ sta rac­co­gliendo su di lui e per­ché, e ha anche il diritto di visio­narli, di chie­derne la cor­re­zione e addi­rit­tura la can­cel­la­zione. Nella rac­co­man­da­zione ven­gono elen­cate tutte le infor­ma­zioni che un datore di lavoro non può chie­dere al dipen­dente o a chi vuole assu­mere, e i limiti che deve rispet­tare nel comu­ni­care, anche all’interno della stessa azienda, i dati raccolti.

La rac­co­man­da­zione del Con­si­glio d’Europa avverte la neces­sità di det­tare alcuni punti chiave nelle nor­ma­tive sta­tali sul con­trollo e il pro­cesso dei dati per­so­nali nei rap­porti di lavoro e aggiorna quella del 1989. La Rac­co­man­da­zione si applica sia al pub­blico e al pri­vato e chiede agli stati mem­bri di evi­tare che nella pro­pria legi­sla­zione in mate­ria di lavoro si pos­sano tro­vare ele­menti ingiu­sti­fi­cati e irra­gio­ne­voli che con­sen­tano inter­fe­renze nella vita pri­vata dei dipen­denti sui luo­ghi di lavoro, pro­prio per effetto delle tra­sfor­ma­zioni tecnologiche.

Durante l’iter del Jobs act, il testo ini­zial­mente pro­po­sto dal governo — i con­trolli a distanza erano pre­vi­sti per i lavo­ra­tori — è stato emen­dato seguendo le indi­ca­zioni della mino­ranza Pd che ha chie­sto che il con­trollo a distanza fosse limi­tato ai soli mac­chi­nari e non ai lavo­ra­tori che li usa­vano. Una dif­fe­ren­zia­zione che però rischia di essere mera­mente nomi­na­li­stica: è chiaro che se ven­gono con­trol­lati a distanza i mac­chi­nari, fatal­mente lo saranno anche i lavo­ra­tori che li comandano.

La pole­mica sui con­trolli a distanza ha poi recen­te­mente inte­res­sato la ver­tenza Fin­can­tieri. La Fiom ha denun­ciato la volontà dell’azienda di inse­rire dei micro­chip all’interno degli sti­vali dei lavo­ra­tori per con­trol­larne la pre­senza e gli spo­sta­menti nel can­tiere. Seb­bene gli altri sin­da­cati — Fim e Uilm — sosten­gano che la pro­po­sta ini­ziale di Fin­can­tieri sia stata subito riti­rata, la Fiom con­ti­nua a soste­nere che l’azienda la man­tiene sul tavolo. E scio­pera anche per questo.

Il tema dun­que è cal­dis­simo. E il parere di Stra­sburgo potrebbe ribal­tare gli equi­li­bri qui in Ita­lia, ren­dendo indi­spen­sa­bile una retro­mar­cia di governo e imprese.

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