Nepal, quasi cinquemila vittime Quattro morti italiani, 40 irreperibili

Nepal, quasi cinquemila vittime Quattro morti italiani, 40 irreperibili

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BHAKTAPUR . Il Nepal e il resto del mondo scoprono ora dopo ora la dimensione di una catastrofe umanitaria di cui si continuano a ignorare i contorni reali. Le vittime ufficiali del terremoto di sabato, secondo il governo di Katmandu, sono 4800, i feriti 7 mila. Altre fonti locali sostengono che si sono già superati i 6 mila, che presto potrebbero salire fino a 10-15 mila. Decine di migliaia i feriti. L’area più colpita dal sisma è la valle di Katmandu e la zona nord-ovest, fino a Pokhara e alla regione himalayana di Langtang. La mancanza di acqua, cibo, medicine e corrente elettrica, in una delle nazioni più povere del pianeta, ha già fatto scattare l’allarme epidemie. I soccorsi restano lenti, in ritardo e insufficienti. Centinaia di villaggi rurali non sono ancora stati raggiunti e risultano rasi al suolo. I sopravvissuti non hanno alcun genere di assistenza e non possono muoversi a causa delle strade interrotte e della mancanza di carburante. Migliaia di bambini e di vecchi sono abbandonati.
Il meteo assicura che nelle prossime ore, con l’arrivo del monsone, comincerà a piovere: i nepalesi hanno un disperato bisogno di tende, coperture rigide, prefabbricati. Alla tragedia umanitaria dei nepalesi si somma quella alpinistica degli stranieri, delle guide locali e degli sherpa che accompagnano spedizioni e trekking. Decine i morti sotto le valanghe, ma all’appello mancano quasi cento persone. Tre elicotteri ieri hanno potuto alzarsi in volo e fare la spola tra il campo base dell’Everest e gli ospedali di Katmandu. Gli evacuati dall’Ottomila più alto della terra e dalla valle del Kumbu sono 400, altrettanti gli alpinisti ancora ad alta quota. La primavera è la stagione d’oro delle ascese e sui due versanti dell’Everest, quello tibetano a nord e quello nepalese a sud, sabato si trovavano poco meno di mille appassionati di montagna.
Pesante il bilancio dell’Italia. Mentre cresce l’apprensione per i connazionali dispersi — la Farnesina dice che «risultano irreperibili » almeno 40 persone — le vittime accertate sono quattro, tutte impegnate in un trekking nella regione di Langtang, a nord di Katmandu, ai piedi del Settemila Langtang Lirung. L’accademico del Cai, Renzo Benedetti, 60 anni trentino, e l’alpinista Marco Pojer, cuoco pure trentino, sono morti sotto una valanga nella Rolwaling Valley, mentre andavano a trovare amici di una famiglia nepalese. Avevano appena lasciato altri due compagni di escursione, la trentina Iolanda Mattedi e Attilio Dantone, gestore di un rifugio tra le Dolomiti, che si sono salvati per miracolo. Ferita non grave la Mattedi, ricoverata in un ospedale di Katmandu. Le altre due vittime sono Oskar Piazza, speleologo e membro del soccorso alpino del Trentino, e Gigliola Mancinelli, 50 anni, cardiologa dell’ospedale di Ancona. Quando sono stati travolti da una frana, stavano attrezzando la discesa in una grotta. Sopravvissuti altri due speleologi che si trovavano con loro: Giuseppe Antoni, marchigiano, e il ligure Giovanni Pizzorni. All’appello, come detto, mancano però tanti altri italiani: le segnalazioni pervenute alla sala operativa dell’Unità di crisi della Farnesina nelle ore successive al sisma hanno consentito di rintracciare sinora più di 300 italiani erano presenti nell’area colpita dal terremoto.
Nei campi degli sfollati ai piedi dell’Himalaya e negli ospedali di Katmandu continuano ad arrivare migliaia di feriti: contadini dei villaggi, nepalesi rimasti intrappolati nei «palazzi di cartone» delle città, alpinisti e turisti. Negli ospedali si viene ricoverati per terra e all’aperto, i farmaci scarseggiano e sono riservati ai casi più gravi. Tra sabato e ieri il Nepal è stato sconvolto da oltre 200 scosse, 45 con una magnitudo di oltre 4.5 gradi, 2 sopra i 6 gradi. Un terzo della popolazione nazionale è senza casa e i danni a edifici e infrastrutture sono incalcolabili. Senza un massiccio intervento internazionale il Paese rischia una catastrofe umanitaria che può durare anni e il ritorno ad un’agricoltura di pura sussistenza. Sotto accusa il governo guidato dal Partito del congresso. Mai così inadeguati i soccorsi, assenti i piani di assistenza: e sforzi concentrati, a beneficio dei network occidentali, solo su alpinismo estremo e località turistiche.

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