Milano, la contestazione di rito non guasta la festa

by redazione | 26 Aprile 2015 9:40

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Fac­cia­mola fuori subito, chie­dendo scusa alle migliaia di per­sone impos­si­bili da con­tare che hanno invaso Milano come non acca­deva da anni (forse dal 1994) e anche ai let­tori. Come i “gaz­zet­tieri” impon­gono — così il pre­si­dente dell’Anpi Carlo Smu­ra­glia eti­chet­terà dal palco i gior­nali che non aspet­ta­vano altro — tocca occu­parsi della con­te­sta­zione alla bri­gata ebraica. Un clas­sico che va in scena tutti gli anni nella stroz­za­tura di piazza San Babila, anche se il 25 aprile è tutta un’altra storia.

Il con­tatto avviene quando il rituale del comi­zio sta per con­clu­dersi, men­tre il cor­teo sfila come se fosse su un altro pia­neta, troppo distante per darne la misura. Quest’anno gli attori sono più nume­rosi del solito: un cen­ti­naio di mili­tanti filo pale­sti­nesi tenuti a bada da poli­ziotti anno­iati e altret­tanti mani­fe­stanti con le inse­gne della bri­gata ebraica. Sono pochi minuti di insulti rias­su­mi­bili nello slo­gan “Fuori i sio­ni­sti dal cor­teo”. Lo spez­zone incassa e pro­se­gue verso piazza Duomo.

Non ci sarebbe altro da aggiun­gere se non fosse che, allo scopo di “scor­tarla”, lo spez­zone del Pd si è posi­zio­nato pro­prio dopo la bri­gata ebraica. I mili­tanti del par­tito di Renzi, in gran spol­vero per il 70esimo della Libe­ra­zione, si sono rin­chiusi in una spe­cie di gab­bia. In realtà la loro mis­sione non era altro che un pre­te­sto per esi­stere in una piazza che ormai li snobba come un corpo estra­neo: è andata a finire che si sono cor­do­nati da soli, per­ché non si sa mai. E ave­vano ragione. Magliette gialle per l’imbarazzante ser­vi­zio d’ordine e sguardi smar­riti per non accet­tare pro­vo­ca­zioni. Che ci sono state: “Servi, siete servi”. In piazza San Babila, come da copione, ma qui e là anche lungo il cor­teo, dove nes­suno pen­sava che all’ordine del giorno ci fosse la que­stione israelo-palestinese. Senza esa­ge­ra­zioni, però, per­ché que­sto è il 25 aprile e nes­suno, tan­to­meno il Pd, può per­met­tersi di gua­stare que­sta giornata.

In fondo l’ha detta giu­sta il pre­si­dente della Repub­blica Ser­gio Mat­ta­rella aprendo il suo inter­vento al Pic­colo Tea­tro Grassi quando i pre­senti molto sele­zio­nati lo hanno sor­preso into­nando Bella ciao: “Come è bella Milano, imban­die­rata a festa, che si uni­sce di nuovo per i settant’anni della Libe­ra­zione”. Non è solo una mani­fe­sta­zione, sono dieci cor­tei uno den­tro all’altro che ten­gono insieme forza, debo­lezza, spe­ranze, disil­lu­sioni, rab­bia, entu­sia­smo e fru­stra­zioni di un “popolo” che una volta si defi­niva di sini­stra e che oggi pro­cede a ten­toni e in ordine sparso. Inu­tile fare l’elenco delle sog­get­ti­vità chia­mate ogni anno a dare il meglio di sé, per non dire dei tanti poli­tici che qui avan­zano sem­pre in punta di piedi — Milano non è città che si spreca in strette di mano.

In coda ci sono tan­tis­simi ragazzi, e que­sta è la nota più posi­tiva. Piut­to­sto tri­ste, invece, è la quasi totale assenza di un pen­siero sulla tra­ge­dia che ogni giorno si con­suma nel canale di Sici­lia. Una scritta da via Padova, un paio di car­telli e solo un ten­ta­tivo di lasciare almeno un segno in piazza Duomo: poco prima che ini­zino i comizi uno stri­scione cala dal palazzo dell’Arengario — “Libe­riamo il Medi­ter­ra­neo”. Piazza Duomo è sfre­giata dalla gab­bia che con­tiene il palco per il con­certo inau­gu­rale dell’Expo. I lavori in corso la rim­pic­cio­li­scono, il cor­teo si fran­tuma e le “auto­rità” par­lano davanti allo spez­zone più com­po­sto. Il sin­daco Giu­liano Pisa­pia almeno ci prova: “Non solo non dob­biamo dimen­ti­care, ma dob­biamo ricor­dare chi è ancora oppresso per il colore della sue pelle, per il suo credo reli­gioso, per il suo desi­de­rio di libertà, chi fugge da fame, guerra, tor­ture e cerca e spera di tro­vare chi lo accolga e aiuti come vuole la nostra Costituzione”.

Anche il segre­ta­rio gene­rale della Cgil, Susanna Camusso, si sof­ferma su “un fon­da­men­tale egoi­smo da scon­fig­gere” get­tando uno sguardo al di là del Medi­ter­ra­neo, ma l’affondo più con­di­viso dalla piazza dice che “non ser­vono egoi­smi da parte di troppi che pen­sano di essere uomini soli al comando, la libertà è rico­no­scere tutti i diritti con­di­visi”. In quel momento i seguaci del par­tito unico della nazione sono ancora lon­tani (e saranno altri fischi quando arri­ve­ranno in Duomo). Anche il pre­si­dente dell’Anpi Carlo Smu­ra­glia, come il pre­si­dente Ser­gio Mat­ta­rella, dice tutto con una frase: “Oggi è una mera­vi­gliosa gior­nata di festa. Che cosa scri­ve­ranno i gaz­zet­tieri che hanno scritto che ci sareb­bero stati inci­denti, poca gente, e che dice­vano che avremmo tenuto fuori la bri­gata ebraica?”. Già.

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