E la tragedia è in diretta, filmata con il cellulare da turisti e residenti. Lì, a poche bracciate dalla costa di Rodi, hanno perso la vita un bambino, un uomo e una donna, mentre 80 sono stati tratti in salvo e gli uomini dei soccorsi sono ancora al lavoro per cercare i dispersi. Decine e decine di persone in mare, disperate, hanno cercato di trovare un appiglio che permettesse loro di galleggiare e di raggiungere la riva. È scattata subito una catena umana e diversi uomini si sono tuffati nell’acqua gelida per andare incontro ai superstiti e trascinarli a fatica verso la riva non sabbiosa ma irta di scogli taglienti. Secondo la Guardia costiera, il barcone era partito dalle coste della vicina Turchia ma gli scafisti lo hanno abbandonato quando ancora si trovava al largo dell’isola di Rodi, lasciandolo a destino che, con quel peso e quella costa, era scritto. Molti dei migranti a bordo, che secondo le autorità sarebbero per lo più di origine siriana, potrebbero aver raggiunto terra incolumi ed essersi poi nascosti.
Immagini di una tragedia che ogni giorno si fa più cruenta e di un bollettino che fa rabbrividire. Ieri, 638 migranti sono stati soccorsi, da imbarcazioni italiane, mentre navigavano nel Canale di Sicilia.
Erano a bordo di sei gommoni in difficoltà che hanno lanciato l’sos all’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni, Oim. Un’emergenza che non accenna a diminuire. Ieri il procuratore aggiunto di Palermo Maurizio Scalia, nel corso della conferenza stampa di presentazione di un’operazione contro la tratta di immigrati, ha detto che in Libia «ci sono tra 500 mila e un milione di persone pronte a partire per l’Italia: sono siriani, eritrei, etiopi pronti a pagare, come hanno fatto tutti gli altri prima di loro, complessivamente seimila o seimilacinquecento dollari a testa per abbandonare i loro Paesi». Numeri che non lasciano molti dubbi: è solo all’inizio.