La Spagna vota per legalizzare il respingimento degli immi­grati

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Sono gli ultimi colpi di coda del governo di Mariano Rajoy, desti­nato ad uno spet­ta­co­lare calo di con­sensi ai pros­simi appun­ta­menti elet­to­rali. Ma sono quelli più sub­doli, più ideo­lo­gici, più indi­ca­tivi dell’identità poli­tica retriva e rea­zio­na­ria del Par­tido popu­lar. A pochi mesi dalle poli­ti­che e ad un passo dalle ammi­ni­stra­tive del 24 mag­gio, il mini­stro degli interni Jorge Fer­nán­dez Díaz ha infatti calato un tris d’assi, che ha fatto sob­bal­zare le Ong, i movi­menti sociali, la Ue, e per­sino l’Onu.

Appro­vato a tempo di record gra­zie alla mag­gio­ranza asso­luta di cui gode il Pp, il tris di leggi bava­glio – com’è stato bat­tez­zato dall’opinione pub­blica, (legge sulla sicu­rezza cit­ta­dina, riforma del codice penale e patto anti-jihadismo ) – segnerà l’inizio di un’epoca di oscu­ran­ti­smo sul piano delle libertà per­so­nali e dei diritti dei migranti. La pole­mica nor­ma­tiva, che entrerà in vigore il pros­simo 1 luglio, con­tiene, tra le altre, misure come il car­cere per­ma­nente revo­ca­bile (un eufe­mi­smo che nasconde la rein­tro­du­zione di fatto dell’ergastolo); multe di decine di migliaia di euro per «con­dotta irri­spet­tosa nei con­fronti delle forze dell’ordine», san­zioni fino a 30mila euro per la con­vo­ca­zione di mani­fe­sta­zioni non auto­riz­zate, e, soprat­tutto, la lega­liz­za­zione delle devo­lu­cio­nes en caliente. Una pra­tica con­sueta (per ammis­sione dello stesso mini­stro) con cui la Guar­dia Civil respinge gli immi­grati irre­go­lari senza pro­ce­dere all’identificazione che esige la nor­ma­tiva internazionale.

Una con­dotta tol­le­rata ma, almeno fino a pochi giorni fa, ille­gale. Lo scorso primo aprile, con largo anti­cipo rispetto al resto della legge, è infatti entrata in vigore la norma che garan­ti­sce legit­ti­mità giu­ri­dica alle espul­sioni a caldo. L’urgenza di vestire di lega­lità una con­dotta che viola pale­se­mente gli accordi inter­na­zio­nali, rimonta al 6 feb­braio del 2014, quando, nell’ambito delle inda­gini sulla morte di 15 per­sone che ten­ta­vano di entrare nel ter­ri­to­rio spa­gnolo di Ceuta, fu dif­fuso un video che docu­men­tava l’espulsione a caldo di 23 migranti, por­tando l’opinione pub­blica a cono­scenza di que­sta pratica.

La legge viene dun­que a met­tere una pezza ex-post e a nor­ma­liz­zare una con­sue­tu­dine da cui il mini­stro non ha mai preso le distanze.
Intanto, nono­stante la legge si già in vigore, Fer­nán­dez Díaz non ha ancora sti­lato un pro­to­collo che regoli le espul­sioni affin­ché avven­gano «nel rispetto dei diritti umani», come recita il testo della legge, modi­fi­cato a seguito delle pres­sioni dell’Alto com­mis­sa­riato delle Nazioni unite per i rifu­giati. Però il rischio che la pre­ci­sa­zione voluta dall’Alto com­mis­sa­riato rimanga let­tera morta è con­creto: la nor­ma­tiva è intrin­se­ca­mente oppo­sta agli accordi inter­na­zio­nali in mate­ria di migra­zione, ed è dif­fi­cile imma­gi­nare come le espul­sioni imme­diate pos­sano con­ci­liarsi con i diritti umani.

«Si tratta di un ten­ta­tivo di lega­liz­zare una con­dotta che non può essere in nes­sun modo legale, per­ché viola pra­ti­ca­mente tutti i trat­tati inten­zio­nali sui diritti umani, dalla carta euro­pea, alle con­ven­zione di Gine­vra, pas­sando per la legge sull’asilo — spiega al Mani­fe­sto Monica Gar­cía, diret­trice dell’associazione per i diritti dei migranti Red Acoge. Il punto è che le espul­sioni senza iden­ti­fi­ca­zione e senza la pre­senza di un avvo­cato, impe­di­scono di veri­fi­care se la per­sona che entra in ter­ri­to­rio spa­gnolo può chie­dere asilo, o se, addi­rit­tura, la sua vita corre peri­colo nel paese di pro­ve­nienza, nel qual caso avrebbe diritto a pro­te­zione internazionale».

Sulla defi­ni­zione di «ter­ri­to­rio spa­gnolo», si gioca buona parte della que­stione. Secondo Fer­nan­dez Díaz le espul­sioni a caldo non infran­ge­reb­bero le nor­ma­tive cor­renti per­ché il ter­ri­to­rio spa­gnolo ini­zie­rebbe dopo il cor­done di poli­zia che pre­si­dia il recinto spi­nato che divide le città auto­nome di Ceuta e Melilla dal Marocco. «Hanno innal­zato un muro e l’hanno coro­nato di lame – com­menta Gar­cía. Dovrebbe essere evi­dente qual è la fron­tiera». Una fron­tiera che negli ultimi anni è stata tea­tro di scon­tri e vio­lenza. Soglia del primo mondo, porta d’accesso al sogno euro­peo per molti migranti che al di là del filo spi­nato vedono l’approdo di un viag­gio che in molti casi li ha sbal­zati a migliaia di chi­lo­me­tri da casa. Nel 2014, più di 4mila per­sone hanno ten­tato di sal­tare la recin­zione e 600 ci sono riu­sciti. «Il governo – con­ti­nua Gar­cía – cerca di far pas­sare l’idea dell’invasione bar­ba­rica per ina­sprire le poli­ti­che migratorie.

Ma un giro di vite sull’immigrazione non è neces­sa­rio per tre ragioni: innan­zi­tutto per­ché sta­ti­sti­ca­mente non c’è un’emergenza migra­to­ria in Spa­gna; poi per­ché si rischia di met­tere inu­til­mente in peri­colo la vita di per­sone che spesso ven­gono da zone di con­flitto; e infine per­ché la migra­zione è un diritto natu­rale che non va osta­co­lato ma garantito».



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