“Guadagno 1,2 milioni” urla e insulti a Milano contro il manager di Poste

by redazione | 22 Aprile 2015 9:51

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MILANO . «Quanto prende lei? Quanto prende?». «Io prendo un milione e du…» Francesco Caio non riesce a dire la cifra per intero, che intorno a lui si è già scatenata la contestazione. Con l’amministratore delegato di Poste travolto da cori, urla, offese, tanto da essere costretto ad abbandonare il centro di recapito di via Valtellina, dove lavorano circa 400 dipendenti. Venerdì l’ad di Poste era in visita nei vari uffici dell’azienda. Prima al centro di meccanizzazione di Peschiera Borromeo, nell’hinterland a sud-est di Milano, il più grosso d’Italia. Poi in diversi uffici postali della città, e infine al centro di recapito dove è esplosa la contestazione.
La presenza del manager nel capoluogo lombardo è passata di bocca in bocca tra i dipendenti, che in poche ore hanno organizzato la contestazione. Quando il manager è arrivato in via Valtellina si è trovato di fronte una cinquantina tra dipendenti, anche di altri stabilimenti, e sindacalisti della Cisl, i più rappresentativi in Poste con oltre il 50% dei consensi. Ma anche i più critici verso il management da quando Caio ha sostituito, un anno fa, l’ex numero uno Massimo Sarmi. La presenza di Caio nello stabilimento è stata un’occasione ghiotta per i dipendenti vicini al sindacato. «Com’è finita la storia dei giorni alterni?», gli ha urlato uno, facendo riferimento alla nuova organizzazione del recapito secondo cui il postino deve tornare allo stesso indirizzo un giorno sì e uno no. «Una scelta sbagliata, bocciata dalla Comunità Europea — continua come un fiume in piena il giovane dipendente — Non ne avete azzeccata una! Vi dovrebbero cacciare a calci per i soldi che prendete. Quanto prende lei? Quanto prende?». È cosi che un’assemblea carica di tensione ma comunque pacata, si è trasformata in pochi secondi in un putiferio contro il manager, che ha cercato di spiegare, ragionare, ma è stato travolto da cori e urla.
Un clima, quello in Poste, sempre più rovente. Da mesi i dipendenti contestano ritardi nell’attuazione del piano industriale, con cui l’azienda ha promesso ottomila assunzioni e ingenti investimenti nella sicurezza. Ma a far surriscaldare gli animi ci sono anche i recenti rilievi mossi dalla Corte dei Conti su stipendi e buonuscite. I giudici contabili hanno per esempio contestato — nella relazione al bilancio 2013 — la buonuscita a Sarmi: cinque annualità, tra indennizzo e incentivo all’uscita per il manager che nel 2013 era il più pagato tra quelli pubblici, con uno stipendio lordo di oltre un milione e mezzo (1.185.000 come ad e 378mila come direttore generale).
Ma la Corte rileva anche i costi eccessivi per il personale dirigente, con «un significativo incremento per il 2013 sia per le competenze fisse (+4,1%) che per le competenze accessorie (+18,4%), comprensive dei compensi incentivanti». Con un costo del personale dirigente che si attesta a complessivi 150 milioni, in crescita del 12,3% rispetto all’anno precedente. Numeri che hanno contribuito ad alzare la tensione in azienda. La contestazione vede però il fronte dei sindacati spaccato. Con la Cisl, che viene considerata vicina alla vecchia gestione (qualcuno venerdì sventolava striscioni di sostegno a Sarmi) e sul piede di guerra verso il nuovo ad, tanto da aver aperto da sola una procedura di conflitto con i vertici, minacciando future agitazioni. E la Cigl che ha preso le distanze dalla contestazione di venerdì a Caio, anche se denuncia — insieme alle altre organizzazioni sindacali — le carenze nel recapito, gli organici carenti, il blocco delle gare d’appalto e l’uso di veicoli inappropriati nelle consegne, con le Fiat 500 usate al posto dei furgoni.
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