Nel menù si affacciano tagli e riorganizzazioni di sanità e assistenza. Il Def nelle bozze circolate negli ultimi giorni parla esplicitamente di un intervento sulle pensioni di invalidità per eliminare abusi che si riscontrano in alcune regioni e di una revisione del sistema dell’assistenza oggi diviso tra Inps, Comuni e Asl. Nel mirino anche la sanità con un «monitoraggio» dei livelli essenziali di assistenza e l’esigenza di «ridisegnarne il perimetro» in relazione alle innovazioni cliniche e tecnologiche. Prevista inoltre la rivisitazione del sistema di remunerazione delle prestazioni sanitarie.
La questione più urgente – il decreto è pronto sul tavolo del governo – riguarda i vecchi tagli, quelli previsti dalla Stabilità 2015 per Comuni e città metropolitane: si tratta complessivamente di 2,2 miliardi che devono essere distribuiti tra piccoli municipi e città metropolitane sulla base di criteri contestati soprattutto dai sindaci dei grandi centri (Roma, Firenze e Napoli). «Il governo ci incontri prima del varo del Def», ha chiesto ieri il presidente dell’Anci Piero Fassino che vedrà i suoi colleghi a Roma giovedì.
Oltre alla partita dei dirigenti dell’Agenzia delle entrate e ai riflessi sul gettito del rientro dei capitali dalla Svizzera, per la quale il decreto sarebbe imminente, altre misure sul piano fiscale sono in cottura: la settimana successiva al varo del Def dovrebbero arrivare i decreti di attuazione della fatturazione elettronica e del catasto. Attesa anche per i restanti decreti attuativi del Jobs Act.
Nel frattempo l’intenzione del governo resta quella di varare una manovra da 10 miliardi sul 2016, senza aumentare le tasse e procedendo con la spending review per scongiurare l’aumento dell’Iva. Resta in ballo anche lo sfoltimento delle agevolazioni fiscali che il nuovo Mr.Forbici Yoram Gutgeld non ha escluso indicando che si agirà su «duplicazioni e voci inutili».
Cruciali le scelte che si faranno sul quadro di previsione di crescita, fissata per quest’anno allo 0,7%, mentre per il 2016 potrebbe essere stimata all’1,5% (dall’1 dei vecchi documenti) consentendo così maggiori margini di manovra al governo. Occhi puntati anche sul deficit: se il rapporto con il Pil resterà all’1,8% la manovra potrebbe essere più pesante, ma è assai probabile che salirà al 2,2% o oltre.