Cartellino rosso per Big G

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Goo­gle è sul banco degli accu­sati in Europa, per «abuso di posi­zione domi­nante». La Com­mis­sione, dopo 5 anni di inchie­sta che hanno fatto seguito a denunce di con­cor­renti, ha inviato alla mul­ti­na­zio­nale una «comu­ni­ca­zione di obie­zioni», che potrebbe por­tare ad inflig­gere un multa-record a Goo­gle pari fino al 10% del suo fat­tu­rato mon­diale (66 miliardi di dol­lari), cioè un’ammenda di più di 6 miliardi di euro. Inol­tre, una seconda pro­ce­dura anti­trust è aperta con­tro Android, il sistema Goo­gle per smart­phone. Ma la strada sarà lunga: adesso Goo­gle ha due mesi di tempo (che pos­sono essere estesi a tre) per pre­pa­rare la difesa. La mul­ti­na­zio­nale potrebbe essere poi con­vo­cata a Bru­xel­les per un’audizione, in seguito alla quale la Com­mis­sione avrà fino a fine anno per deci­dere come agire. Potreb­bero venire impo­ste «azioni cor­ret­tive» per ridurre l’effetto Big Bro­ther di un motore di ricerca che in Europa si è acca­par­rato circa il 90% del mer­cato (più che negli Usa, dove la con­cor­renza più agguer­rita limita il con­trollo di Goo­gle al 75% delle parti di mer­cato). Il Par­la­mento euro­peo, con un voto nel novem­bre scorso, era arri­vato a chie­dere uno sman­tel­la­mento della mul­ti­na­zio­nale, con una scis­sione tra il motore di ricerca vero e pro­prio e i ser­vizi com­mer­ciali proposti.

La com­mis­sa­ria alla Con­cor­renza, la danese Mar­gre­the Vesta­ger, accusa Goo­gle di aver «ingiu­sta­mente avvan­tag­giato il pro­prio sistema di com­pa­ra­zione dei prezzi vio­lando le regole euro­pee in mate­ria di intese e di abuso di posi­zione domi­nante». Più rea­li­sti­ca­mente, Com­mis­sione e Goo­gle potreb­bero arri­vare a un’intesa «ami­che­vole», senza multe né ingiun­zioni allo sman­tel­la­mento. Del resto, è quello che è acca­duto negli Usa, dove Goo­gle, gra­zie a una vio­lenta azione di lob­by­ing, è riu­scita a con­vin­cere le auto­rità anti­trust delle pro­prie «buone inten­zioni» per rime­diare alla situa­zione di posi­zione domi­nante. Mar­gre­the Vesta­ger oggi sarà negli Usa e potrebbe avere con­tatti con Goo­gle, che comun­que respinge le accuse della Com­mis­sione, giu­di­cate «lon­tane dalla verità». In Europa, c’è stato un solo pre­ce­dente, con Micro­soft che ha dovuto pagare 2 miliardi di euro di multa all’inizio degli anni 2000.

L’inchiesta della Com­mis­sione è ini­ziata dopo una serie di denunce di con­cor­renti, una tren­tina di società (tra cui Micro­soft, Tri­pad­vi­sor, Ora­cle, l’associazione Fair­Search Europe), che hanno accu­sato Goo­gle di pri­vi­le­giare i pro­pri ser­vizi a sca­pito dei con­cor­renti, sfrut­tando la posi­zione domi­nante di motore di ricerca. In Europa, con­tro Goo­gle ci sono anche azioni sul fronte del man­cato rispetto della pri­vacy da parte della mul­ti­na­zio­nale, che sfrutta la miniera d’oro dei dati per­so­nali rac­colti gra­zie alle ricer­che sul Web. Big G è stata chia­mata in causa per le resi­stenza che ha mani­fe­stato rispetto il diritto all’oblio rispetto i dati per­so­nali. Per non par­lare delle pro­ce­dure con­tro l’ottimizzazione fiscale, di cui Goo­gle – assieme ad altre mul­ti­na­zio­nali – è campione.

Alcuni paesi euro­pei, Ger­ma­nia, Spa­gna, Gran Bre­ta­gna, hanno già adot­tato una tassa Goo­gle, che resta però solo una pun­tura di spillo per il gigante Usa. Al G20, l’Ocse ha pro­mosso nel luglio 2013 il piano Beps, per evi­tare gli eccessi di otti­miz­za­zione fiscale delle grandi mul­ti­na­zio­nali, Goo­gle, Ama­zon, Apple ecc. La Com­mis­sione Junc­ker, in carica dalla fine del 2014, sem­bra più deter­mi­nata ad agire di quella pre­ce­dente, che ha ter­gi­ver­sato sul caso Goo­gle. Resta il fatto che l’Europa non è stata in grado di far nascere un con­cor­rente a Goo­gle. L’Ue ci ha pro­vato con Quaero, finan­ziato con 198 milioni di euro, un pro­gramma ormai con­cluso. Il motore di ricerca franco-tedesco Qwant, nato nel feb­braio 2013, resta ad anni luce di distanza dal peso di Google.



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