Via libera al nuovo Senato Bersani: “È l’ultimo sì se non cambia l’Italicum” Fi vota no, ma è rivolta

by redazione | 11 Marzo 2015 10:02

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ROMA . La riforma del Senato è al primo giro di boa. Renzi ha incassato il “sì” della Camera con 357 voti a favore, 125 contro (Fi, Sel, Lega, Fdi) e 7 astenuti. Dopo le prime due letture, tornerà ora a Palazzo Madama. Sul terreno però restano nodi politici che non è facile sciogliere. Forza Italia ha votato secondo le indicazioni di Silvio Berlusconi, ma per «obbedienza» al capo, come dicono in un documento 17 verdiniani: «Un errore votare contro, nel partito c’è un deficit di democrazia e di organizzazione». Nel mirino il capogruppo Brunetta. I forzisti sono spaccati e solo una telefonata dell’ex Cavaliere a Denis Verdini evita la resa dei conti in aula. Berlusconi ovviamente minimizza: «Smentite le cassandre che descrivevano il nostro come un movimento lacerato. Il gruppo di FI ha votato compattamente contro». Ma la strada è tutta in salita. I “filo-Nazareno” forzisti, con Verdini in testa, si contano in vista della battaglia a Palazzo Madama, dove un solo voto farà la differenza. Renzi lo sa, anche quando twitta: «Voto riforme ok alla Camera. Un paese più semplice e più giusto». Il premier dovrà vedersela con il dissenso nel Pd. Ieri a Montecitorio solo 3 dem si astengono (Capodicasa, Vaccaro, Galli) e in 7 non partecipano al voto (Boccia, Aiello, Bragantini, Civati, Fassina, Pastorino e Pelillo). Ma è l’ultimatum della sinistra del partito con Pierluigi Bersani a pesare, a cui si somma il documento firmato da 24 parlamentari di Sinistradem, la corrente di Gianni Cuperlo. Bersani, che in mattinata è andato al Quirinale, avverte: «Si cambi l’Italicum, la nuova legge elettorale che così è invotabile, o è l’ultima volta che voto sì». In serata, a Ballarò, la bordata di Massimo D’Alema: «Questa riforma riduce gli spazi di partecipazione dei cittadini. Definirei l’Italicum il Porcellum 2.0. Noi avevamo fatto il Mattarellum, ora le oligarchie si reimpossessano del potere». Replica la Boschi: «No a diktat da chi ha perso il congresso». I 5 Stelle hanno scelto di nuovo l’Aventino. E attaccano: «Metodi fascisti».
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