Sigari, battute (e guai giudiziari) Nicolas in pole per l’Eliseo del 2017
by redazione | 30 Marzo 2015 12:26
PARIGI «Altro che un sigaro… Domenica gli toccherà fumarsi tutta la scatola», aveva promesso Nicolas Sarkozy durante un comizio a proposito del premier Manuel Valls, che imperturbabile la sera del primo turno si era acceso in pubblico un bel cubano. Sarkozy, ancora furibondo per essere stato sconfitto nel 2012 da un François Hollande che non ha mai stimato, ha ritrovato il gusto della battuta e la gioia di cercare e trovare gli applausi, dopo un ritorno in politica tormentato.
Di nuovo leader dell’Ump dal dicembre 2014, indebolito dai guai giudiziari e dalla sorprendente ascesa del rivale di partito Alain Juppé, Sarkozy si riscopre oggi come un contendente credibile per le elezioni presidenziali del 2017. Che sono solo tra due anni, è vero, ma dominano già la vita politica francese. La decisione presa nel 2002 di portare da sette anni a cinque la durata del mandato ha gettato la Francia in una campagna presidenziale permanente, che ha già i suoi candidati. Nicolas Sarkozy, ovviamente, che ha compiuto un primo passo importante per arrivare in posizione di forza alle primarie dell’anno prossimo. «Dare a questo voto un valore presidenziale non ha senso», dice il giovane sfidante Bruno Le Maire, confermando così di avere accusato il colpo. Il «padre nobile» del partito Alain Juppé, toccato da una popolarità che neanche lui sognava dopo che vent’anni fa quando era premier tutta la Francia scese in piazza contro le sue riforme, dice che è stata una vittoria collettiva e anzi in particolare della sua linea moderata, che prevede l’unione della destra con il centro.
Sarà, ma in queste ore la pacatezza di Juppé è messa in ombra da un Sarkozy scatenato, che lascia perdere temi come economia, occupazione e crescita — sui quali da anni la politica francese di destra e di sinistra ha dimostrato di avere poca presa — per puntare su controllo dell’immigrazione e difesa della laicità, nelle loro versioni meno intellettuali e più concrete: difesa della carne di maiale nelle mense scolastiche (i bambini musulmani si adegueranno o salteranno il pasto) e proibizione del velo anche nelle università.
Sarkozy potrà incassare la vittoria di ieri sera già il 30 maggio, quando nel congresso di Parigi verrà rifondato il partito fino a pochi mesi fa dilaniato dalle lotte interne e dagli scandali finanziari: addio al vecchio nome Ump, forse sostituito da qualcosa come «i Repubblicani», e soprattutto addio ai vecchi quadri di partito, che verranno rinnovati entro l’estate.
Per Marine Le Pen, da tempo in ottima posizione nei sondaggi per l’Eliseo, il voto di ieri è una battuta d’arresto soprattutto mediatica. Ma l’avanzata continua: il Front National non conquista dipartimenti ma molti consiglieri locali, e comincia a darsi quel radicamento territoriale che non ha mai avuto.
A sinistra, il disastro è ancora superiore alle attese. La gauche si ritrova sconfitta e soprattutto divisa, anche se in modo per adesso sotterraneo, tra due linee. C’è la tentazione del presidente Hollande di guardare — senza fretta — a sinistra per riguadagnare l’aiuto di verdi e socialisti «frondisti», cioè opposti alla svolta social-liberale intrapresa un anno fa. Già oggi il segretario socialista Jean-Christophe Cambadélis incontrerà i verdi «e tutti quelli che vorranno dialogare» nell’obiettivo dell’unità a sinistra.
Ma il primo ministro Valls nominato proprio in virtù della svolta social-liberale comunque non ha intenzione di cambiare politica «proprio adesso che sta cominciando a portare i primi frutti», dice, evocando il (pallido) ritorno della crescita economica.
L’uomo che mesi fa ha gridato «io amo l’impresa!», facendo inorridire l’ala sinistra del partito, ieri sera ha reagito alla sconfitta dicendo in sostanza che si continua così, «anzi con maggiore determinazione». E dire che a seguito di un’analoga sconfitta locale, alle municipali di un anno fa, il governo Ayrault è caduto e Manuel Valls è diventato premier.