Al momento infatti, se non dovesse andare in porto il serrato corteggiamento che il premier sta facendo allo “sceriffo” anticorruzione Raffaele Cantone, la scelta per il successore di Lupi è già pronta: toccherà al sottosegretario Graziano Delrio trasferirsi nel ministero di Porta Pia. Ma non sarà questa l’unica novità del tagliando alla squadra di governo. Nell’ultimo incontro con Alfano il premier ha infatti promesso al leader dell’Ncd, se avesse dato una mano per facilitare un’uscita indolore di Lupi, un «risarcimento» sul piano delle poltrone e un riconoscimento politico sia per la “vittima” che ha scelto il passo indietro sia per il partito. L’onore delle armi è stato tributato ieri da Renzi. «Credo che Lupi abbia fatto una scelta giusta – ha detto sulla soglia del palazzo Justus Lipsius – e non vedo nessuna conseguenza politica per il governo. Noi siamo davvero garantisti e sottolineiamo che non può bastare un avviso di garanzia per chiedere le dimissioni di qualcuno. Il ministro Lupi non è nemmeno in- dagato, è lui che ha deciso, per i motivi che ha spiegato, di fare un passo indietro». Nell’Ncd hanno anche apprezzato la disponibilità del presidente Mattarella a ricevere subito Lupi al Quirinale, mentre il «risarcimento » arriverà lunedì, contestualmente alla nomina di Delrio (sempre che Cantone non cambi idea).
Il braccio di ferro delle ultime ore pare si sia risolto a favore del ministero degli affari regionali per Gaetano Quagliariello. Rafforzato tuttavia dalla delega sui fondi europei ora nelle mani di Delrio. Solo così infatti quello che con la Lanzetta era una mera dépendance di palazzo Chigi potrebbe diventare un vero ministero. Con il nuovo- antico nome di ministero per il Mezzogiorno. E consentire all’Ncd di presentarsi alle regionali sbandierando la «piena dignità » rispetto al Pd. Per Alfano il passaggio è molto stretto: si trova vicino a un’alleanza con i dem in Campania e deve assolutamente evitare di apparire come una costola renziana. «Altrimenti – ragiona uno dei suoi – rischiamo di fare la fine di Scelta civica». Per uscire dalla forza magnetica del partito della Nazione bisogna recuperare almeno una posizione ministeriale forte. Sfumata l’ipotesi del ministero della Pubblica Istruzione per Quagliariello – il premier si è rifiutato di cacciare la Giannini a una settimana dall’avvio della riforma scolastica in parlamento – non rimaneva altro da fare che procedere a un rapido cambio in corsa. Via Lupi, dentro Quagliariello. Con Delrio promosso ministro. A costo di scontentare Anna Finocchiaro, a cui il premier aveva promosso gli Affari regionali per “risarcirla” della mancata elezione al Colle.
Sembra archiviata anche l’idea di “spacchettare” il megaministero di Porta Pia dividendo i Lavori Pubblici dai Trasporti. Una manovra troppo da prima Repubblica, che inoltre non sarebbe stata ben vista da Mattarella. Il quale nei giorni scorsi ha avvertito informalmente Renzi sui rischi di un rimpasto che non si limiti alla sostituzione dei “caduti” Lanzetta e Lupi. «Ci è stato fatto capire – spiega un renziano – che spostare troppe caselle avrebbe comportato di necessità un passaggio parlamentare ». Ovvero il premier avrebbe dovuto dar vita a un vero Renzi-bis, con dimissioni lampo, reincarico e nuovo voto di fiducia. Di questi tempi un azzardo assolutamente da evitare.
C’è infine la questione dell’ormai famigerata Struttura tecnica di missione del ministero che soprintende le Grandi opere. L’idea era quella di spostarla a palazzo Chigi affidandola a Luca Lotti. Ma con Delrio alle Infrastrutture ormai può restare dov’è. «Tanto il repulisti lo faremo lo stesso », promettono a palazzo Chigi.