by redazione | 23 Marzo 2015 10:18
Viaggio a Washington
I russi, così come Jianxin, conoscono il progetto a lungo termine e lo condividono. Anche la partnership con i russi però finirà per creare qualche problema. Che stavolta non si può risolvere con una trattativa. Il problema si chiama Ucraina. Rosneft e il suo presidente Igor Sechin, che è anche consigliere della Pirelli, vengono colpiti dalle sanzioni internazionali contro la Russia. Raccontano che fu Tronchetti a gestire la situazione volando a Washington per spiegare al Dipartimento di Stato che quella con Rosneft era un’alleanza industriale e che Pirelli fa pneumatici e basta. Nulla che abbia a che fare con la sicurezza o la difesa. Rosneft rimane a bordo come socio e alleato.
A ottobre la stretta
Rosneft resta anche nel riassetto con ChemChina, affiancando i soci italiani. Non è un dettaglio da poco. Un’alleanza Russia-Cina in un’azienda a guida italiana è un unicum. Tronchetti è riuscito a creare le condizioni, mantenendo invariato l’assetto e la guida operativa della Pirelli. A trovare la formula è stato l’avvocato Michele Carpinelli e i legali dello studio Chiomenti, che insieme a un ristretto team della Lazard coordinato da Marco Samaja, e agli uomini della Mtp spa, la cassaforte di Tronchetti, da ottobre hanno iniziato a lavorare nel massimo riserbo alla rifinitura del dossier.
Incontro con il premier
Un’altra persona era al corrente della stretta con ChemChina: il premier Matteo Renzi, che era stato informato dell’operazione neglin ultimi giorni. La politica non ha interferito. Le polemiche sull’italianità, sull’arrivo dei cinesi, sulle garanzie occupazionali, che hanno fatto da cornice al rush finale fanno parte del gioco. Un po’, forse, Tronchetti se le aspettava, anche se in Pirelli non cambierà nulla. Rispetto ai vecchi accordi con Rosneft, quelli firmati ieri saranno addirittura più stringenti, oltre a definire un nuovo equilibrio in cui i soci italiani peseranno più dei russi. Per la prima volta i patti di sindacato diventeranno parte dello Statuto della Pirelli, che verrà modificato introducendo l’obbligo del 90% di voti favorevoli in assemblea per trasferire la sede o vendere la tecnologia. Un’innovazione che è una garanzia di lungo termine per la stabilità, l’integrità e l’italianità del gruppo, di cui l’attuale management manterrà la guida operativa, con a capo Tronchetti a cui è stata affidata anche la gestione dell’intero riassetto e la facoltà di decidere quando riportare Pirelli in Borsa. A settembre partirà l’Opa per ritirare Pirelli dal listino. A lanciarla sarà un veicolo societario di cui ChemChina avrà il 65% e Tronchetti con Rosneft e i soci italiani il 35%. Ma i pesi potrebbero cambiare. Dipende dal livello di adesione all’Opa, a cui i soci italiani parteciperanno apportando capitali, dopo aver venduto però alla stessa società il 26% di Pirelli detenuto da Camfin. Ci vorranno tre anni per completare la manovra di cui Tronchetti sarà il grande regista. Il percorso è tutto definito. Anche il punto di caduta. Al termine del riassetto Pirelli potrà tornare in Borsa, con in pancia la parte pregiata dei pneumatici premium, valutati dal mercato a multipli più alti, e la quota di maggioranza della nuova realtà «industrial» che nascerà dall’aggregazione con Aeolus.
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