Pirelli. L’incontro al dipartimento di Stato Usa e quel colloquio con Matteo Renzi

by redazione | 23 Marzo 2015 10:18

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Bisogna riannodare i fili di una storia iniziata tre anni fa per trovare il punto di partenza del lungo cammino che ha portato alla svolta. Tutto comincia con una telefonata. Dall’altro capo c’è Ren Jianxin, il potente capo di China National Chemical Corporation. Chiede a Marco Tronchetti Provera un incontro a Milano. Vuole conoscere da vicino il mondo della Pirelli. L’imprenditore cinese ha un obiettivo, ma non lo rivela subito. Lo farà dopo aver visitato la Bicocca e Settimo Torinese, dove c’è il cuore tecnologico dell’industria degli pneumatici. Vuole comprare. Tutto. È molto determinato. Jianxin è un self made man, originario della zona rurale dello Dunhuang, che ha iniziato lavando teiere per diventare un big nelle pulizie industriali e, successivamente, per conto del governo centrale ha iniziato ad aggregare piccole aziende chimiche dando vita a ChemChina. A Tronchetti racconta la sua storia, da dove è venuto, le difficoltà che ha dovuto superare, mostrando un lato umano che i cinesi non hanno l’abitudine di rivelare.
Lo stop a Yokohama
Tronchetti stava già lavorando al futuro del gruppo per renderlo più solido, garantire la continuità e metterlo al riparo dalle mire dei concorrenti e da uno smembramento che avrebbe finito per cancellare il marchio e la storia della Pirelli. La strategia aveva un approdo finale in Asia, mercato dalle enormi potenzialità in cui il gruppo milanese è già presente, ed erano in corso colloqui con Yokohama e la coreana Hankook. Dopo aver visitato le loro fabbriche il presidente decide però che è quella con ChemChina l’alleanza da fare. Per una ragione semplice: non è un concorrente, ha le spalle larghe, un mercato potenzialmente smisurato e dal punto di vista industriale è il partner giusto per estrarre valore dalle attività del segmento «industrial» di Pirelli, che rappresentano un terzo dei volumi e un quarto del fatturato, ma che per restare competitive devono aumentare di taglia. Il colosso cinese ha una divisione, Aeolus Tyre, che produce gomme per autocarri e mezzi pesanti, a cui il gruppo della Bicocca può offrire nuovi prodotti, tecnologia e una vera strategia.
Per ChemChina significherebbe proiettare Aoelus ai vertici del mercato mondiale, affidando alla Pirelli il percorso di crescita. E’ lo snodo attorno a cui Tronchetti e Jianxin hanno costruito l’alleanza. Aeolus da 28° player mondiale del segmento si ritroverà 4° o 5°. E Pirelli ne sarà il primo azionista.
Scontro con Malacalza
C’è anche un’altra ragione per cui Tronchetti ha deciso di allearsi con ChemChina. Finora nessuna operazione di aggregazione tra competitor ha creato valore nel settore degli pneumatici. Goodyear, per fare un esempio, ha tentato di mettersi insieme a Sumitomo distruggendo valore e oggi è alle prese con le pratiche di divorzio. L’esatto contrario di ciò che vuole Tronchetti per la Pirelli, in cui nel frattempo è entrata come alleata la famiglia Malacalza, condividendo il progetto.
I genovesi si metteranno però di traverso aprendo un contenzioso con i vertici del gruppo milanese. In quella fase turbolenta il gruppo di Pechino aspetterà fiducioso. Ai Malcalza succederanno Clessidra e la famiglia Rovati e questi assisteranno all’ingresso di Rosneft. È in questa fase che ChemChina rientra in partita.

Viaggio a Washington
I russi, così come Jianxin, conoscono il progetto a lungo termine e lo condividono. Anche la partnership con i russi però finirà per creare qualche problema. Che stavolta non si può risolvere con una trattativa. Il problema si chiama Ucraina. Rosneft e il suo presidente Igor Sechin, che è anche consigliere della Pirelli, vengono colpiti dalle sanzioni internazionali contro la Russia. Raccontano che fu Tronchetti a gestire la situazione volando a Washington per spiegare al Dipartimento di Stato che quella con Rosneft era un’alleanza industriale e che Pirelli fa pneumatici e basta. Nulla che abbia a che fare con la sicurezza o la difesa. Rosneft rimane a bordo come socio e alleato.
A ottobre la stretta
Rosneft resta anche nel riassetto con ChemChina, affiancando i soci italiani. Non è un dettaglio da poco. Un’alleanza Russia-Cina in un’azienda a guida italiana è un unicum. Tronchetti è riuscito a creare le condizioni, mantenendo invariato l’assetto e la guida operativa della Pirelli. A trovare la formula è stato l’avvocato Michele Carpinelli e i legali dello studio Chiomenti, che insieme a un ristretto team della Lazard coordinato da Marco Samaja, e agli uomini della Mtp spa, la cassaforte di Tronchetti, da ottobre hanno iniziato a lavorare nel massimo riserbo alla rifinitura del dossier.
Incontro con il premier
Un’altra persona era al corrente della stretta con ChemChina: il premier Matteo Renzi, che era stato informato dell’operazione neglin ultimi giorni. La politica non ha interferito. Le polemiche sull’italianità, sull’arrivo dei cinesi, sulle garanzie occupazionali, che hanno fatto da cornice al rush finale fanno parte del gioco. Un po’, forse, Tronchetti se le aspettava, anche se in Pirelli non cambierà nulla. Rispetto ai vecchi accordi con Rosneft, quelli firmati ieri saranno addirittura più stringenti, oltre a definire un nuovo equilibrio in cui i soci italiani peseranno più dei russi. Per la prima volta i patti di sindacato diventeranno parte dello Statuto della Pirelli, che verrà modificato introducendo l’obbligo del 90% di voti favorevoli in assemblea per trasferire la sede o vendere la tecnologia. Un’innovazione che è una garanzia di lungo termine per la stabilità, l’integrità e l’italianità del gruppo, di cui l’attuale management manterrà la guida operativa, con a capo Tronchetti a cui è stata affidata anche la gestione dell’intero riassetto e la facoltà di decidere quando riportare Pirelli in Borsa. A settembre partirà l’Opa per ritirare Pirelli dal listino. A lanciarla sarà un veicolo societario di cui ChemChina avrà il 65% e Tronchetti con Rosneft e i soci italiani il 35%. Ma i pesi potrebbero cambiare. Dipende dal livello di adesione all’Opa, a cui i soci italiani parteciperanno apportando capitali, dopo aver venduto però alla stessa società il 26% di Pirelli detenuto da Camfin. Ci vorranno tre anni per completare la manovra di cui Tronchetti sarà il grande regista. Il percorso è tutto definito. Anche il punto di caduta. Al termine del riassetto Pirelli potrà tornare in Borsa, con in pancia la parte pregiata dei pneumatici premium, valutati dal mercato a multipli più alti, e la quota di maggioranza della nuova realtà «industrial» che nascerà dall’aggregazione con Aeolus.

Federico De Rosa
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