Padana, nazionalista e “personalizzata” ecco la tripla Lega alleata di CasaPound

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LA LEGA non è più la stessa. L’ultimo partito rimasto, dopo la fine della (cosiddetta) Prima Repubblica. L’unico ad aver mantenuto la stessa etichetta da 25 anni. La Lega, appunto. Dopo la manifestazione romana di sabato non è più la stessa di prima. Soprattutto e anzitutto perché Roma fa parte della sua “identità genetica”. “Roma ladrona, la Lega non perdona”, era lo slogan dei vecchi tempi. Vecchi, appunto. Quando Roma era luogo e simbolo dello Stato Centrale da espugnare. Per conquistare l’indipendenza del Nord. E per “bonificare” il Sud assistito — sfruttando le risorse del Nord produttivo. Certo, la Lega era arrivata già da tempo a Roma, dove i suoi parlamentari si erano trovati piuttosto bene. Così era divenuta anch’essa — abbastanza — “romana”. Un sindacato del Nord insediato nella Capitale. Anche per questo era declinata, dal punto di vista elettorale. Insieme al mito del Nord Padano. Roma, comunque, era — è — sempre rimasta il simbolo dell’anticentralismo e dell’antipolitica, secondo la Lega. Fino a sabato, appunto. Quando alcune decine di migliaia di leghisti sono arrivati a Roma. Non per contestarla. Ma per conquistarla. Meglio: per conquistare la legittimità. Di italiani. La Lega Nazionale, la Ligue Nationale, versione italiana del Front National di Marine Le Pen, ha sfilato nella capitale (italiana) e si è radunata a Piazza del Popolo (italiano). Insieme ai Fratelli d’Italia (appunto) e ai circoli di CasaPound. La Destra della Destra. Tutti insieme, intorno al giovane leader, Matteo Salvini. Artefice della mutazione genetica leghista che ha permesso al partito un rilancio impensabile, appena due anni fa. Quando, ricordiamo, la Lega Nord — guidata, all’epoca, da Roberto Maroni — alle elezioni politiche aveva racimolato il 4,1%. Il dato più basso dal 2001. Salvini, divenuto segretario nel dicembre 2013 (dopo aver schiacciato, alle primarie, Umberto Bossi), ha cambiato l’immagine e l’identità della Lega. Molto rapidamente. Con effetti evidenti. Anzitutto sul piano dei consensi. Non a caso, alle elezioni Europee, lo scorso maggio, la Lega è risalita oltre il 6%. Ma i sondaggi, attualmente, la collocano intorno al 12-13%. Cioè: il livello più elevato della sua storia. La Lega di Salvini oggi incalza Forza Italia. E le contende la leadership del Centro-destra. Si tratta di un percorso che abbiamo già seguito e descritto in passato. Ma oggi appare più evidente. Dal punto di vista territoriale, anzitutto, la Lega ha spostato il baricentro a Centro-Sud. Infatti (secondo i sondaggi più recenti di Demos) supera il 20% nelle regioni del Nord, si avvicina al 10% nelle regioni del Centro (tradizionalmente di Sinistra) e pare aver sfondato nel Centro-Sud (intorno a Roma e il Lazio), dove ha superato il 13%. Ma è oltre il 6% perfino nel Sud e nelle Isole. Per questo è “scesa” a Roma: perché ormai è nazional-popolare. O forse: nazional-populista, visti gli argomenti che utilizza, come slogan e come bandiera. Non più l’indipendenza — affidata ai movimenti regionali, in Veneto e Lombardia. Ma l’opposizione contro il duplice nemico: l’Europa dei burocrati e gli immigrati, che ci invadono. I bersagli comuni ai populismi europei. Per primo il FN di Marine Le Pen. E gli epigoni nazionali (sti) minori ed estremi — anzi: estremisti — con cui sabato ha sfilato a Roma. Per prima: CasaPound.
La manifestazione di Roma, però, ha accentuato il tratto politico, oltre che antipolitico, della Lega di Salvini: l’opposizione a Renzi e al suo governo. Ha, inoltre, rilanciato la candidatura di Salvini alla guida del Centro-destra. Un progetto che sembra procedere spedito. La popolarità di Salvini, infatti, è intorno al 33%. Secondo solo a Renzi e molto al di sopra rispetto a tutti gli altri leader. Peraltro, il profilo “politico” degli elettori leghisti, in contrasto con le posizioni del leader, sembra essersi spostato a Centro-destra, più che a Destra, rispetto alle elezioni politiche del 2013. Per effetto, probabilmente, dell’afflusso di molti elettori di FI, ma anche dell’NCD. D’altronde, anche il FN, in Francia, ha intercettato molti elettori di Destra, che votavano per i partiti moderati (l’UMP, soprattutto). E oggi, nei sondaggi, appare vicino al 30% dei consensi. Un obiettivo ancora lontano, per la Lega di Salvini. Che deve misurarsi con la “resistenza” di Berlusconi e FI, a Destra, e con la concorrenza del M5s sul versante della protesta anti-politica. Tuttavia, è indubbio che si tratti di un soggetto politico in crescita e in costante evoluzione. In grado di rivolgersi a diversi elettorati. Gad Lerner, nella sua efficace analisi, ieri ha definito la Lega “il camaleonte verdenero”. Sottolineandone le capacità mimetiche (come fece, vent’anni fa, Giovanna Pajetta, nel libro “Il grande Camaleonte”). Tuttavia, è possibile descriverla diversamente. Come somma e risultante di tre soggetti politici. Tre Leghe. 1) La Lega Padana: riproduce le radici storiche del partito. Mantiene la sua base elettorale a Nord, dove ha una struttura organizzativa e un elettorato fedele, oltre a una presenza estesa nei governi e nelle amministrazioni. 2) La Ligue Nationale. La Lega Nazionale e Lepenista. Alleata di CasaPound. Antipolitica, impiantata sull’antieuropeismo e sulla paura degli altri. Soprattutto degli stranieri. Riflette una “sindrome” presente in tutto il territorio nazionale. Dove coinvolge e scuote circa il 25% degli elettori. Ma oltre il 50% nella Lega. Ed è diffusa, in modo omogeneo, in tutte le aree del Paese. 3) Infine, la Lega “personalizzata”: “Noi con Salvini”. Un soggetto politico che integra e compone le altre Leghe. Intorno al figura del Capo, in grado di comunicare con linguaggi diversi a pubblici diversi. Ai Duri e Puri e agli uomini spaventati. Ma anche al “pubblico” medio e mediatizzato. Perché Salvini è Pop. Invitato e inseguito da tutti i media.
Così, le tre Leghe, guidate da Salvini, sono arrivate a Roma e si sono spinte a Sud. Promettono — e minacciano — di prendere la guida dell’opposizione. Ma è difficile che possano costituire un’alternativa di governo. Il loro equilibrio, peraltro, resta instabile. E rischia di spezzarsi, in ogni momento. Perché la Lega Padana e la Lega Nazionale sono troppo diverse e troppo distanti, per territorio e identità. L’impresa di tenerle unite, nel segno della paura, contro un nemico senza volto (e con molti volti), contro gli stranieri, l’Europa, il mondo, Roma ladrona e contro Renzi: appare ardua. Anche per un Leader Pop — agile, abile e determinato — come Salvini.


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