Offensiva anti Isis nella città di Saddam Con l’aiuto dell’Iran
Come può allora al-Abadi convincere i sunniti che le milizie sciite e gli iraniani possono diventare loro alleati? Dopo tutto Isis aveva guadagnato le loro simpatie presentandosi proprio come paladino della causa sunnita contro l’Iran e lo stesso governo di Bagdad, accusato di fare esclusivamente gli interessi sciiti. Ieri il premier si è recato a Samarra, la città un centinaio di chilometri a nord di Bagdad dove l’anno scorso le milizie sciite locali avevano arrestato la corsa di Isis e ridato fiducia alla capitale impaurita e scioccata dal repentino sbandamento del suo esercito nazionale.
Ma Samarra è molto più che una roccaforte armata. Qui si trova la «moschea d’oro»: luogo sacro per gli sciiti di tutto il mondo. Al-Abadi l’ha scelta per offrire alle tribù sunnite «il perdono» per il «tradimento» dell’anno scorso, in cambio però dovranno abbandonare l’alleanza con Isis, altrimenti verranno «seriamente punite». Ma anche i jihadisti non stanno a guardare. Tikrit e la regione di Salahadin tutta attorno costituiscono a loro volta siti simbolo della narrativa sunnita: terra natale del condottiero che otto secoli fa sconfisse i Crociati, qui vive la tribù di Saddam Hussein battuta e umiliata dall’invasione americana dodici anni fa. Isis va per le spicce, come del resto ha già fatto nella regione di Al Anbar tra Falluja e il confine siriano, uccide i capi tribali che non offrono i loro giovani alla jihad, rapisce e decapita i renitenti.
Le scelte delle tribù sunnite sono così la chiave di volta per la sorte di Mosul e il futuro di Isis in Iraq.
Lorenzo Cremonesi
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