Nuove regole per i sindacati Ora il premier accelera
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ROMA Maurizio Landini gli contesta di aver cancellato lo Statuto dei lavoratori, di aver cancellato diritti senza consultare i diretti interessati, i lavoratori, né chi li rappresenta, ovvero i sindacati. Matteo Renzi replica alle iniziative del leader della Fiom bollando come «politica» la battaglia che in questi mesi ha condotto il sindacalista, politica e «non sindacale».
Ma non è solo questa la risposta del premier agli annunci di Landini, alle promesse di abolire le leggi appena approvate con una raffica di referendum, nelle intenzioni di Palazzo Chigi c’è anche la voglia di accelerare sulla legge di riforma della rappresentanza sindacale e su una che regoli in modo diverso la vita dei partiti, anche intervenendo sull’articolo 49 della Costituzione («tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale»).
Insomma Renzi è sempre più convinto che vadano date regole diverse sia ai partiti che ai sindacati: i primi come i secondi, almeno nella costruzione legislativa attuale, protetti da principi costituzionali che nel tempo si sarebbero rivelati più in grado di proteggere privilegi che in grado di garantire una reale rappresentanza.
Una legge sulla rappresentanza sindacale è già allo studio del governo da diverso tempo. Che il modello della rappresentanza classico sia in crisi è materia di dibattito da diverso anni. L’uscita di Fiat dalla Confindustria, quella di Unipolsai dall’associazione delle compagnie di assicurazione, la voglia di alcune banche di avere un proprio contratto di gruppo non collettivo, la polverizzazione delle sigle sindacali, che spesso siedono ai tavoli di concertazione senza avere un reale peso né in termini di iscritti né in termini di rappresentanza aziendale, sono alcuni degli argomenti che hanno stimolato il dibattito e convinto l’esecutivo che occorra una svolta già nei prossimi mesi.
Per quanto riguarda i partiti politici sarebbero allo studio norme che obblighino tutti i partiti ad adottare fra gli altri statuti con alcune precise garanzie di trasparenza e di rappresentanza, per quanto riguarda i sindacati il lavoro è già in corso d’opera da mesi. Un provvedimento annunciato a gennaio dal consigliere economico di Renzi, Yoram Gutgeld, di cui esisterebbe già un testo preparato da 9 professori universitari, che in sostanza riscrive le regole e le procedure per le trattative fra le parti, fissa i criteri in termini di iscritti per potersi sedere a un tavolo di contrattazione, regola in modo diverso lo spazio dato alla parte nazionale di un contratto e a quella aziendale. Un anno Cgil, Cisl e Uil da una parte e Confindustria dall’altra hanno firmato un accordo che affida alle parti stesse queste regole; una legge significherebbe avere delle regole che si applicano a tutti sia che abbiano firmato un accordo di contrattazione sia che non l’abbiano fatto.
Fra le indiscrezioni uscite nelle settimane scorse il peso dei sindacati verrebbe calcolato facendo la media ponderata tra il numero degli iscritti e i voti presi alle elezioni delle Rsu, le rappresentanze sindacali unitarie. Solo chi supera una certa soglia, si parla del 5%, avrebbe diritto a partecipare alla trattativa per il contratto nazionale.
Marco Galluzzo
Insomma Renzi è sempre più convinto che vadano date regole diverse sia ai partiti che ai sindacati: i primi come i secondi, almeno nella costruzione legislativa attuale, protetti da principi costituzionali che nel tempo si sarebbero rivelati più in grado di proteggere privilegi che in grado di garantire una reale rappresentanza.
Una legge sulla rappresentanza sindacale è già allo studio del governo da diverso tempo. Che il modello della rappresentanza classico sia in crisi è materia di dibattito da diverso anni. L’uscita di Fiat dalla Confindustria, quella di Unipolsai dall’associazione delle compagnie di assicurazione, la voglia di alcune banche di avere un proprio contratto di gruppo non collettivo, la polverizzazione delle sigle sindacali, che spesso siedono ai tavoli di concertazione senza avere un reale peso né in termini di iscritti né in termini di rappresentanza aziendale, sono alcuni degli argomenti che hanno stimolato il dibattito e convinto l’esecutivo che occorra una svolta già nei prossimi mesi.
Per quanto riguarda i partiti politici sarebbero allo studio norme che obblighino tutti i partiti ad adottare fra gli altri statuti con alcune precise garanzie di trasparenza e di rappresentanza, per quanto riguarda i sindacati il lavoro è già in corso d’opera da mesi. Un provvedimento annunciato a gennaio dal consigliere economico di Renzi, Yoram Gutgeld, di cui esisterebbe già un testo preparato da 9 professori universitari, che in sostanza riscrive le regole e le procedure per le trattative fra le parti, fissa i criteri in termini di iscritti per potersi sedere a un tavolo di contrattazione, regola in modo diverso lo spazio dato alla parte nazionale di un contratto e a quella aziendale. Un anno Cgil, Cisl e Uil da una parte e Confindustria dall’altra hanno firmato un accordo che affida alle parti stesse queste regole; una legge significherebbe avere delle regole che si applicano a tutti sia che abbiano firmato un accordo di contrattazione sia che non l’abbiano fatto.
Fra le indiscrezioni uscite nelle settimane scorse il peso dei sindacati verrebbe calcolato facendo la media ponderata tra il numero degli iscritti e i voti presi alle elezioni delle Rsu, le rappresentanze sindacali unitarie. Solo chi supera una certa soglia, si parla del 5%, avrebbe diritto a partecipare alla trattativa per il contratto nazionale.
Marco Galluzzo
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