Migranti, la proposta italiana: tre centri di raccolta in Africa
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ROMA Oltre 9.000 persone approdate sulle coste meridionali in poco più di due mesi, quasi il doppio dello scorso anno. Ben 68 sbarchi dal 1° gennaio al 9 marzo, una media di uno al giorno. Alla riunione dei ministri dell’Interno europei prevista per domani a Bruxelles, l’Italia arriva con numeri che evidenziano la situazione di emergenza. Pronta a chiedere soldi e mezzi per regolare in Africa il flusso dei profughi in fuga dalla Libia aprendo centri di prima accoglienza gestiti da organizzazioni internazionali.
L’ipotesi del blocco navale per fermare le partenze e respingere i migranti non appare, almeno al momento, percorribile. E dunque si devono cercare soluzioni alternative, soprattutto tenendo conto che la crisi libica appare tutt’altro che risolta.
I dati della Direzione centrale dell’immigrazione parlano di 9.117 stranieri giunti fino a ieri mattina, mentre nello stesso periodo dello scorso anno — che alla fine è stato segnato dal record di ben 170.100 persone arrivate — erano soltanto 5.611. Di questi, soltanto 434 provengono dalla Turchia, 99 dalla Grecia, 97 dalla Tunisia e il resto dalla Libia. I tecnici insistono nel ritenere indispensabile andare avanti con Triton, potenziando il dispositivo in mare, ma appare ormai evidente che di fronte a quanto sta accadendo in Libia l’operazione predisposta da Frontex non sia sufficiente. Per questo il ministro dell’Interno Angelino Alfano solleciterà i colleghi europei ad avviare un programma di assistenza direttamente negli Stati di partenza o comunque in quei Paesi disponibili alla cooperazione.
Lo schema studiato in queste ore in accordo con l’Alto commissariato per i rifugiati e con l’Oim, l’Organizzazione di assistenza ai migranti che proprio in Africa e in particolare in Libia vanta un’esperienza decennale, prevede l’apertura di almeno tre punti di raccolta dei profughi in Niger, Sudan e in Tunisia. In questo modo chi è in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni potrebbe indicare il Paese che ha intenzione di raggiungere aprendo direttamente la procedura per il riconoscimento dell’asilo politico. Un modo per distribuire gli stranieri in tutta l’Unione Europea tentando anche di togliere agli scafisti almeno una parte degli introiti derivanti dal traffico di essere umani.
L’accordo appare tutt’altro che scontato, difficile che si riesca ad ottenere il via libera da tutti gli Stati membri. Ma è una strada che l’Italia appare comunque determinata a percorrere evidenziando i rischi derivanti da una mancata pianificazione degli interventi. Pur essendo lontanissimi dai numeri «sparati» qualche giorno fa dal direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, che aveva parlato di «un milione di persone pronte a partire dalla Libia», gli analisti sono concordi nel ritenere che nei prossimi mesi decine di migliaia di migranti potrebbero arrivare, addirittura molti di più del 2014. E questo metterebbe l’Italia e l’intera Ue in una situazione di grave affanno. Anche tenendo conto di quanto è già accaduto fino ad ora.
Il quadro di situazione fornito al ministro evidenzia come siano circa 80.000 le persone attualmente assistite dall’Italia. Stranieri in attesa di conoscere l’esito della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato. Nei centri del Viminale i posti sono finiti. Molti sono ospitati nelle strutture messe a disposizione dagli enti locali, altri sono in alloggi di emergenza reperiti dallo staff del prefetto Mario Morcone. Ma la capienza è al limite e anche su questo tasto l’Italia batterà per ottenere cooperazione da Bruxelles.
Fiorenza Sarzanini
I dati della Direzione centrale dell’immigrazione parlano di 9.117 stranieri giunti fino a ieri mattina, mentre nello stesso periodo dello scorso anno — che alla fine è stato segnato dal record di ben 170.100 persone arrivate — erano soltanto 5.611. Di questi, soltanto 434 provengono dalla Turchia, 99 dalla Grecia, 97 dalla Tunisia e il resto dalla Libia. I tecnici insistono nel ritenere indispensabile andare avanti con Triton, potenziando il dispositivo in mare, ma appare ormai evidente che di fronte a quanto sta accadendo in Libia l’operazione predisposta da Frontex non sia sufficiente. Per questo il ministro dell’Interno Angelino Alfano solleciterà i colleghi europei ad avviare un programma di assistenza direttamente negli Stati di partenza o comunque in quei Paesi disponibili alla cooperazione.
Lo schema studiato in queste ore in accordo con l’Alto commissariato per i rifugiati e con l’Oim, l’Organizzazione di assistenza ai migranti che proprio in Africa e in particolare in Libia vanta un’esperienza decennale, prevede l’apertura di almeno tre punti di raccolta dei profughi in Niger, Sudan e in Tunisia. In questo modo chi è in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni potrebbe indicare il Paese che ha intenzione di raggiungere aprendo direttamente la procedura per il riconoscimento dell’asilo politico. Un modo per distribuire gli stranieri in tutta l’Unione Europea tentando anche di togliere agli scafisti almeno una parte degli introiti derivanti dal traffico di essere umani.
L’accordo appare tutt’altro che scontato, difficile che si riesca ad ottenere il via libera da tutti gli Stati membri. Ma è una strada che l’Italia appare comunque determinata a percorrere evidenziando i rischi derivanti da una mancata pianificazione degli interventi. Pur essendo lontanissimi dai numeri «sparati» qualche giorno fa dal direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, che aveva parlato di «un milione di persone pronte a partire dalla Libia», gli analisti sono concordi nel ritenere che nei prossimi mesi decine di migliaia di migranti potrebbero arrivare, addirittura molti di più del 2014. E questo metterebbe l’Italia e l’intera Ue in una situazione di grave affanno. Anche tenendo conto di quanto è già accaduto fino ad ora.
Il quadro di situazione fornito al ministro evidenzia come siano circa 80.000 le persone attualmente assistite dall’Italia. Stranieri in attesa di conoscere l’esito della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato. Nei centri del Viminale i posti sono finiti. Molti sono ospitati nelle strutture messe a disposizione dagli enti locali, altri sono in alloggi di emergenza reperiti dallo staff del prefetto Mario Morcone. Ma la capienza è al limite e anche su questo tasto l’Italia batterà per ottenere cooperazione da Bruxelles.
Fiorenza Sarzanini
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