L’ira della Cgil per la mossa di Landini: il sindacato non può farsi movimento
by redazione | 14 Marzo 2015 10:19
Stupore, perplessità, contrarietà. E anche irritazione. Sono queste le valutazioni che filtrano dal vertice della Cgil di fronte all’iniziativa di Maurizio Landini che questa mattina, nella sede nazionale della Fiom, lancerà la sua «coalizione sociale».
L’opinione del gruppo dirigente del sindacato guidato da Susanna Camusso si può sintetizzare in una frase: «Il mestiere della Cgil è un altro». Implicito il giudizio sull’iniziativa di Landini: lì si fa politica. A cominciare da quella convocazione «ad associazioni, reti e movimenti» che, ai piani alti di corso Italia, è parsa «il manifesto di un nuovo soggetto». Un partito.
Sul tema la Cgil si era confrontata in un seminario interno a gennaio, a cui hanno partecipato i segretari generali della varie categorie. In quella sede, quando le intenzioni del leader della Fiom erano note ma non ancora esplicite, Camusso aveva parlato chiaro: «La Cgil non può trasformarsi in una forza politica, non può essere il braccio organizzato di un’area di partito né l’aggregatore di movimenti». Parole che, si ribadiva ieri al vertice del sindacato, valgono tali e quali anche ora, davanti all’accelerazione di Landini.
Dal canto suo il segretario dei metalmeccanici ribadisce: «Una coalizione sociale non è un partito». E domani, al tavolo della Fiom a Roma, si ritroveranno Libera (l’associazione antimafia guidata da don Ciotti), Emergency di Gino Strada, Libertà e giustizia, gruppi studenteschi e comitati (a partire da quello per l’acqua pubblica): nucleo potenziale di un’aggregazione a sinistra del Pd e, soprattutto, conflittuale nei confronti di Matteo Renzi: «Tentiamo di unire — ha detto ieri Landini — tutto quello che il governo sta dividendo: c’è un attacco al lavoro e ai diritti senza precedenti». Sul fatto che il modello della «coalizione sociale» siano Podemos e Syriza, ieri il leader ha ironizzato: «Non so parlare né spagnolo né greco, parlo a malapena l’italiano, quello che vogliamo fare è alla luce del sole». Fair play del governo: «Nessun problema — ha detto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti — ci misureremo sui progetti».
Dopo settimane di indiscrezioni, la strategia di Landini si sta definendo: un lungo tour per l’Italia, l’incontro di oggi, e la manifestazione nazionale — il vero banco di prova — del 28 marzo a Roma contro il governo. E una formula, «coalizione sociale», che per esempio lascia freddo l’ex segretario pd Pier Luigi Bersani: «Non credo che da questa parola d’ordine possa venire fuori un soggetto politico in grado di dare risposte: ci vuole una sinistra di governo, poi i movimenti si organizzino come ritengono». Più interessato un altro esponente della sinistra dem, Stefano Fassina: «Iniziativa utile, rappresentarla come il tentativo di fare un partito non ne coglie il senso». Sulla stessa linea anche Sel di Nichi Vendola.
Ma se la sinistra politica guarda, per ora, con un certo distacco alle mosse di Landini, il nervo scoperto è nella Cgil, di cui la Fiom è una categoria importante e, da sempre, parecchio autonoma: «Sono sempre andati un po’ per conto loro — dice Carlo Ghezzi, presidente della fondazione Di Vittorio e sindacalista cgil di lungo corso — ancora però non si capisce se quella di Landini sia una vera operazione politica o un po’ di ginnastica ai bordi del campo, in attesa che il quadro si chiarisca». Più critico Agostino Megale, che guida i bancari: «È un film che abbiamo già visto con Sergio Cofferati — risponde — quando tentò l’alleanza con i girotondi: non porta da nessuna parte». Per Megale l’obiettivo della Cgil non ha niente a che fare con la «coalizione sociale» che ha in mente Landini: «Per contrastare Renzi noi dobbiamo ritrovare l’unità con Cisl e Uil».
Massimo Rebotti