Landini: “L’Italia ormai è in svendita sabato in piazza per difendere il lavoro e con noi ci sarà anche la Camusso”

Loading

ROMA . Con Susanna Camusso «non c’è mai stato dissenso sulle ragioni della manifestazione di sabato prossimo», piuttosto «sulla proposta di coalizione sociale ». Dunque il segretario della Fiom, Maurizio Landini, non è sorpreso dell’annuncio del leader della Cgil che parteciperà al corteo di sabato dopo le polemiche sul carattere più o meno politico dell’iniziativa. A Repubblica tvLandini parla anche della vicenda Pirelli: «E’ una svendita, l’Italia sta cedendo industrie strategiche a produttori stranieri».
Landini, sorpreso della scelta di Camusso di partecipare alla manifestazione?
«Assolutamente no. Non c’è mai stato dissenso di merito. Con la Cgil e, successivamente, anche con la Uil stiamo conducendo una battaglia contro il jobs act fin da quest’autunno».
A dire il vero la Cgil aveva giudicato con freddezza l’iniziativa di sabato. C’erano state delle polemiche…
«C’era stato un problema legato a una delle nostre proposte, quella della coalizione sociale, un progetto per combattere la frantumazione del mercato del lavoro determinata anche dalle scelte del governo Renzi».
Il jobs act è ormai legge. Come lo combatterete?
«Ci sono molte strade per cambiare le leggi. Questo è il primo governo che modifica le leggi sul lavoro riducendo i diritti senza nemmeno ascoltare le proposte dei sindacati e del Palrlamento. Il jobs act è stato scritto ricalcando le ricette di Confindustria e della Bce. Invito tutti ad andarsi a rileggere la lettera che la Bce scrisse all’Italia il 5 agostro 2011. Si chiedeva di aumentare l’età pensionabile, di introdurre la libertà di licenziamento, di superare i contratti nazionali. Tutti obiettivi che i governi Monti, Letta e Renzi hanno perseguito con costanza e continuità. Noi vogliamo manifestare sabato contro quella politica che rende più ricattabile e privo di diritti sia chi lavora sia chi un lavoro non ce l’ha».
Eppure il governo considera positivi i risultati delle nuove leggi. Sia sul piano dell’occupazione, sia su quello degli investimenti stranieri. Anche la vendita di Pirelli è un fatto negativo?
«La vendita, o meglio, la svendita di Pirelli è la migliore dimostrazione dell’assenza di una politica industriale in Italia. Abbiamo scelto di lasciare che il patrimonio tecnologico del Paese si trasformi in un supermarket dove i produttori e i fondi di investimento stranieri arrivano e fanno affari. La cosa più grave è che così si vendono conoscenze che vengono utilizzate da altri. Nel momento in cui i grandi produttori compiono scelte strategiche è evidente che finiranno per favorire i loro paesi. Per questo i governi di Spagna, Francia, Germania, Usa intervengono ad evitare che settori stretagici finiscano in mani straniere. Noi invece consideriamo un successo aver ceduto Finmeccanica ai giapponesi e Pirelli ai cinesi».
Il ragionamento vale anche per l’Ilva?
«Dopo tre anni di tentennamenti finalmente il governo ha deciso di entrare nella proprietà dell’Ilva per difendere non solo i posti di lavoro ma anche la presenza di un settore strategico come quello dell’acciaio. A maggior ragione non si capisce perché l’Ilva sì e Finmeccanica e Pirelli no».
Perché in Spagna e Grecia la crisi sta premiando i partiti di sinistra radicale e in Italia no?
«Io sono un sindacalista, non sono un politico e tantomeno ho voglia di farlo. Quel che stiamo provando a fare è cercare di riunire il lavoro che le politiche del governo stanno frantumando. Segnalo solo che sia In Spagna che in Grecia ci sono sindacati più deboli di quello italiano».
Con la coalizione sociale?
«La coalizione sociale è una proposta e cercheremo di capire l’11 aprile se riusciamo a costruirla. Penso a gruppi di associazioni che nei diversi territori riuniscano chi lavora e chi non riesce a farlo, chi è precario e chi è disoccupato. Un progetto tutto da costruire ma anche una strada per riformare il sindacato. Altrimenti anche la sopravvivenza delle attuali organizzazioni del movimento dei lavoratori è a rischio»


Related Articles

America Latina terra di conquista mineraria

Loading

  Una miniera d’oro in Amazzonia – foto: giovannabellinigioielli.com

Nel 2011, sostiene uno studio del Metal economic groups, la regione ha attratto il 25 per cento degli investimenti mondiali per l’estrazione mineraria non ferrosa. E da qui al 2020, secondo quanto emerso dal convegno “15 anni di industrie estrattive in Perù e America Latina“ organizzato dalla ong CooperAccià³n, gli investimenti minerari nel continente arriveranno a 320 miliardi di dollari, vale a dire venti volte di più di quanto investito negli ultimi dieci anni. Il Perù è il primo Paese ad attrarre gli investimenti, seguito da Messico, Cile e Brasile.

Blitz in Francia e in Belgio caccia agli stragisti in fuga Valls: “Possono colpire usando armi chimiche”

Loading

Confermata ufficialmente la morte di Abdelhamid Abaaoud nel covo di Saint Denis Nove persone arrestate: almeno una di queste era transitata per l’Italia come Salah Abdeslam

Successo della Cgil in piazza: «Fermeremo i nuovi voucher»

Loading

Centinaia di migliaia riempiono San Giovanni nonostante il caldo. Camusso: il lavoro nero è reato, governo ha avuto paura del referendum

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment