Il Tar sulle trascrizioni delle nozze gay «Solo i tribunali possono annullarle»
by redazione | 10 Marzo 2015 9:55
ROMA Uno schiaffo al ministro dell’Interno Angelino Alfano e al prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro sulle nozze gay. Ieri il Tar del Lazio «ha accolto i ricorsi aventi ad oggetto i provvedimenti con i quali il Prefetto di Roma (il 31 ottobre scorso n.d.r. ) ha annullato le trascrizioni nel registro dello stato civile presso il Comune di Roma» e «la relativa circolare del Ministro dell’Interno del 7.10.2014». Per il tribunale amministrativo «l’annullamento di trascrizioni nel registro dello stato civile di matrimoni contratti da persone dello stesso sesso, celebrati all’estero, può essere disposto solo dall’Autorità giudiziaria ordinaria» e quindi «il Ministero dell’Interno e le Prefetture non hanno il potere di intervenire direttamente».
Nel comunicato del Segretariato generale, tuttavia, si precisa che «nel decidere tali controversie, il giudice amministrativo ha eseguito una ricognizione della normativa comunitaria e nazionale e della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, giungendo ad affermare che l’attuale disciplina nazionale non consente di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso e, conseguentemente, matrimoni del genere non sono trascrivibili».
Un colpo al cerchio e uno alla botte. Da una parte i giudici hanno dichiarato l’incompetenza di Alfano e Pecoraro in materia ma dall’altra affermano che i matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti oltreconfine non possono essere considerati validi in Italia.
E, infatti, se le associazioni che si battono per i diritti delle persone omosessuali cantano vittoria e chiedono le dimissioni di Pecoraro e Alfano, quest’ultimo fa sapere, tramite una nota del Viminale, «di aver sempre coerentemente garantito il quadro normativo attuale in materia di stato civile che non consente di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso, né di trascrivere quelli celebrati all’estero».
La sentenza, insomma, non rende la situazione più chiara. «È evidente il vuoto normativo — ha sottolineato ieri l’Anma, l’Associazione Nazionale Magistrati Amministrativi —. Da un lato “non si possono celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso” e, conseguentemente, matrimoni del genere non sono trascrivibili nei registri dello stato civile; dall’altro, l’annullamento “può essere disposto solo dall’Autorità giudiziaria ordinaria”».
Il pronunciamento dei giudici ha, però, soddisfatto il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che lo scorso 18 ottobre aveva trascritto i matrimoni di 16 coppie sul registro dello stato civile dell’anagrafe di Roma: «Pur non essendo un esperto di giurisprudenza, ho sempre affermato che sulla base delle normative nazionali e comunitarie fosse un dovere del sindaco trascrivere un documento di un’unione avvenuta all’estero di due cittadini della mia città». Plaude alla sentenza anche Fabrizio Marrazzo, portavoce dell’associazione Gay Center, che attacca il premier Renzi : «Oggi non solo viene sbugiardato il ministro dell’Interno, ma anche il presidente del Consiglio. Renzi batta un colpo e inizi seriamente a occuparsi di diritti». Per il Codacons «il Tar non solo ha ribadito un principio importantissimo, ossia che ministero dell’Interno e Prefetture non hanno alcun potere in materia, ma, accogliendo anche le nostre tesi, ha di fatto invalidato l’intera ordinanza di Alfano, da noi impugnata perché illegittima».
Tra i politici, poi, è battaglia a colpi di dichiarazioni. Se su twitter Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà, parla di «un’altra bocciatura da parte dei giudici alle imprese delle “sentinelle della morale” nel nostro Paese»», il presidente del gruppo di Area Popolare del Senato Renato Schifani invita «i sindaci ad astenersi dal riconoscere unioni che per il nostro ordinamento non hanno alcun valore giuridico». E non ha tutti i torti visto che ieri la procura di Grosseto ha presentato ricorso contro il tribunale della stessa città che aveva stabilito la trascrizione del matrimonio contratto all’estero tra Giuseppe Chigiotti e Stefano Bucci.
Monica Ricci Sargentini