by redazione | 29 Marzo 2015 12:25
«Fuori Israele dalla Palestina». «Boicottiamo i prodotti israeliani». «No alla guerra, sì a una soluzione diplomatica». Sono alcuni degli slogan che hanno caratterizzato la manifestazione dedicata alla solidarietà con il popolo palestinese che ieri ha concluso la XIII edizione del Forum Sociale Mondiale a Tunisi. In piazza migliaia di giovani tunisini, in gran parte gli stessi protagonisti della primavera araba di quattro anni fa.
Il Forum si è concluso, come ormai è consuetudine, con le assemblee di convergenza che hanno cercato di sintetizzare il lavoro svolto in centinaia di seminari e di stabilire un’agenda di mobilitazioni per il futuro prossimo.
Ma a questo punto ritengo sia doveroso, soprattutto da parte di chi, come il sottoscritto, ha avuto delle responsabilità nel movimento altermondialista, provare a fare il punto, evitando pratiche autoconsolatorie.
È stato giusto venire a Tunisi, mantenere il Forum nonostante l’attentato e i comprensibili timori per la propria sicurezza. Abbiamo dato una dimostrazione esplicita di come i movimenti democratici non arretrino davanti al terrorismo, abbiamo contribuito ad aiutare i movimenti tunisini nel difficile sforzo di convincere il proprio popolo che il ritorno al passato, a regimi autoritari. non è la soluzione per fermare il terrore e l’integralismo; c’e’ un’altra alternativa fondata sulla partecipazione e l’impegno per la democrazia e la giustizia sociale.
Tutto ciò è bene e il Forum è servito a questo. Ma se guardiamo avanti, alle prospettive del Forum, non è sufficiente. Nei nostri incontri continuiamo a ripetere: che l’8,7% della popolazione controlla l’85% della ricchezza mondiale e che al 69% più povero resta solo il 2.9% della ricchezza del pianeta; che il potere globale è nelle mani di un sistema finanziario controllato da qualche centinaia di multinazionali; che l’attuale modello di sviluppo porta l’umanità verso l’abisso.
Di fronte a tutto questo non basta trovarsi una volta ogni due anni e confrontarsi in centinaia di seminari spesso concentrati su singoli progetti gestiti da ong; non basta che ciascuno racconti la propria esperienza e non basta nemmeno la costruzione di decine e decine di reti, ognuna su un tema sempre più specifico.
Nel 2001 a Porto Alegre quando è nato il Forum Mondiale le urgenze erano: comprendere le dinamiche della globalizzazione liberista, evidenziarne i protagonisti manifesti e occulti, svelare il ruolo del Fmi, del Wto, della Banca Mondiale ecc., scambiarci esperienze e conoscenze per costruire proposte alternative documentate, concrete e realizzabili. Per fare tutto ciò era prioritaria la costruzione di uno spazio universale, pubblico e aperto di confronto.
Oggi la situazione è differente: i meccanismi e i protagonisti della globalizzazione liberista sono svelati, di proposte alternative ne abbiamo e sono anche concrete e realizzabili (se ve ne fossero le condizioni politiche), internet e le nuove tecnologie permettono ogni scambio d’informazione e di conoscenza e spesso anticipano quanto poi viene comunicato ai Forum. Oggi la situazione è differente anche perché la Storia non si è fermata e le nostre peggiori previsioni sui destini collettivi si stanno realizzando.
E allora ci serve altro, uno spazio pubblico di confronto non è più sufficiente. Ci serve la capacità di organizzare delle vertenze globali sui terreni principali nei quali si muove il dominio liberista e dove maggiormente si sviluppa la conseguente sofferenza umana. Vertenze globali, in grado di unire i movimenti di ogni continente attorno a obiettivi condivisi, precisi e pubblicamente dichiarati, seppure declinati secondo la propria specificità territoriale, con un’agenda comune, azioni sinergiche e la capacità di indicare, non in modo generico e sloganistico, chi sono i nostri avversari.
Ogni organizzazione continuerà ovviamente anche ad agire sulla propria specifica mission, ma il compito del Forum dovrebbe essere quello di individuare tre, quattro, massimo cinque campagne sui temi cruciali per il futuro dell’umanità (ad esempio il diritto al cibo e all’acqua, la lotta contro le politiche che producono i cambiamenti climatici, l’opposizione al dominio della finanza speculativa), attorno alle quali organizzare realmente una mobilitazione globale condivisa. Restituendo in tal modo visibilità a un progetto politico complessivo alternativo al liberismo; e in fondo era questo, seppure in un’altra epoca, lo spirito originario di Porto Alegre, di Genova e del movimento dei forum sociali.
* membro del Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale
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