Sempre più poveri. Ma austeri

Sempre più poveri. Ma austeri

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L’Ocse stende un tap­peto rosso al governo Renzi ipo­tiz­zando un pil ita­liano in cre­scita, gra­zie natu­ral­mente alle “riforme strut­tu­rali”, dalle pen­sioni al jobs act. C’è da toc­care ferro, rileva subito la Cgil, dato che negli ultimi sette anni l’organizzazione che rag­gruppa i 34 paesi più abbienti del pia­neta ha sba­gliato siste­ma­ti­ca­mente le pre­vi­sioni. Men­tre lo stato delle cose è foto­gra­fato dall’Istat e dalla Cari­tas Europa. E non è un bel leg­gere, visto che i numeri del rap­porto “Noi Ita­lia. 100 sta­ti­sti­che per capire il Paese in cui viviamo” par­lano soprat­tutto di disoc­cu­pa­zione, ridu­zione della capa­cità di acqui­sto delle fami­glie, e di un gene­rale impo­ve­ri­mento. Con­cetto riba­dito su scala con­ti­nen­tale dalla Cari­tas, pronta a segna­lare che nella Ue a 28 c’è un rischio di povertà o di esclu­sione sociale del 24,5%. Un euro­peo su quat­tro, 122,6 milioni di per­sone. Men­tre nei sette paesi più “deboli” (Ita­lia, Por­to­gallo, Spa­gna, Gre­cia, Irlanda, Roma­nia e Cipro) si sale addi­rit­tura al 31%.

Di fronte al dato ita­liano del 28,4%, il vice­di­ret­tore di Cari­tas Ita­liana, Paolo Bec­ce­gato, osserva: “Anche l’Italia è diven­tata più povera e meno giu­sta, per le poli­ti­che di auste­rità che in tutta Europa non solo non hanno risolto i pro­blemi, ma hanno lasciato sul ter­reno morti e feriti, con i poveri che hanno pagato il prezzo più alto. Ed è cre­sciuto mol­tis­simo il tasso di insta­bi­lità sociale”. Per forza: l’Istat rileva dalle nostre parti oltre 10 milioni di per­sone in con­di­zioni di povertà rela­tiva (il 16,6% della popo­la­zione), con una spesa per con­sumi infe­riore alla soglia di rife­ri­mento. Men­tre la povertà asso­luta, che non con­sente stan­dard di vita accet­ta­bili, coin­volge il 7,9% delle fami­glie. Quasi 6 milioni di italiani.

Poveri, pove­ris­simi, e senza lavoro: nel 2013 hanno lavo­rato meno di sei per­sone su dieci in età com­presa tra i 20 e i 64 anni, con un tasso di occu­pa­zione sceso sotto quota 60% (59,8%). Sola­mente Gre­cia, Croa­zia e Spa­gna hanno pre­sen­tato per­cen­tuali infe­riori, in un indi­ca­tore che l’Ue con­si­dera stra­te­gico. Con il chi­me­rico l’obiettivo del 75% per il 2020. Otti­mi­stico al pari delle stime dell’Ocse, che nel suo “Eco­no­mic sur­vey” sull’Italia assi­cura: “Se il governo ita­liano riu­scirà ad attuare il suo pro­gramma di riforme ambi­zioso e di ampio respiro, potrebbe deter­mi­narsi un incre­mento del pil pari al 6% entro i pros­simi dieci anni”.

Il segre­ta­rio gene­rale dell’Ocse, Angel Gur­ria, arriva a dire: “L”Italia è tor­nata”. Spel­lan­dosi le mani di fronte alle “riforme” di Monti, Letta e Renzi: “Ini­zia­tive neces­sa­rie per rilan­ciare la pro­dut­ti­vità — le defi­ni­sce — e rimet­tere l’economia sulla strada di una cre­scita dura­tura”. A seguire le stime: il pil dell’Italia dovrebbe cre­scere quest’anno dello 0,4%, e nel 2016 dell’1,3%. Con un tasso di disoc­cu­pa­zione — in calo minimo — al 12,3% quest’anno e all’11,8% il pros­simo. E un rap­porto debito/pil fon­da­men­tal­mente sta­bile, al 132,8% in que­sto 2015 e 133,5% nel 2016.

Anche se il com­pito è arduo, Pier Carlo Padoan sprizza ancor più otti­mi­smo. Tanto da dimen­ti­carsi dei numeri: “L’Ocse ci dice che la dire­zione è giu­sta e i risul­tati si vedranno – dichiara il super­mi­ni­stro eco­no­mico — saranno posi­tivi in ter­mini di cre­scita, occu­pa­zione, sta­bi­liz­za­zione della finanza pub­blica e abbat­ti­mento del debito”. Intanto però l’Istat cer­ti­fica: “Il 23,4% delle fami­glie ita­liane vive in disa­gio eco­no­mico, sono 14,6 milioni di indi­vi­dui. E circa la metà, il 12,4%, si trova in grave dif­fi­coltà”. Così come lo sono i due milioni e mezzo di ita­liani tra 15 e 29 anni che non stu­diano e non lavo­rano, i cosid­detti Neet. Dati 2013 alla mano, si tratta del 26% degli under 30, più di uno su quat­tro. Nell’Ue fa peg­gio solo la Gre­cia (28,9%). Ma tutto que­sto Padoan non lo sa. O meglio finge di non saperlo, al pari dei numeri sulla sanità pub­blica, con l’Italia agli ultimi posti Ue per spesa e posti letto. “Usiamo sem­pre due para­me­tri per capire cosa con­cre­ta­mente sta suc­ce­dendo – tira le somme Susanna Camusso — il livello della disoc­cu­pa­zione, e nes­suno ne pre­vede una signi­fi­ca­tiva ridu­zione, e la capa­cità di acqui­sto delle fami­glie, ed è evi­dente a tutti che c’è un impoverimento”.



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