Razzi sull’ospedale strage in Ucraina pazienti tra le vittime
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«I colpi arrivavano da tutte le direzioni, sui giardini d’infanzia, le scuole, gli asili… e sull’Ospedale n.27». Ancora vittime civili nella terra di nessuno dell’Est ucraino, almeno cinque morti e molti feriti sotto la pioggia di granate che ieri ha martoriato il quartiere sud-occidentale di Tekstilshchik a Donetsk, la roccaforte dei filorussi capitale dell’autoproclamata Repubblica popolare.
L’attacco, attribuito ai governativi, è partito intorno a mezzogiorno. Tra le vittime un uomo di 42 anni che in quel momento lasciava l’ospedale con i genitori. «Perché non hanno ucciso me?», l’urlo del padre, 60 anni, una vita nelle miniere di zolfo e carbone della regione. Una donna depone una coperta sui corpi a terra. A 400 metri dal policlinico che è anche un centro per lo smistamento degli aiuti, un obice ha devastato un edificio di 14 piani. Uno degli uomini colpiti era appena uscito di casa per andare a prendere l’acqua. Secondo le autorità il bilancio potrebbe salire a 15 morti.
Un nuovo giorno a Donetsk. A gennaio i colpi di mortaio avevano ucciso otto persone alla fermata dell’autobus. Secondo le Nazioni Unite sono 220 i civili assassinati nelle ultime tre settimane. L’esercito di Kiev denuncia un’ottantina di attacchi con artiglieria pesante sferrati dai filorussi contro postazioni militari e villaggi circostanti in 24 ore, due soldati caduti, diciotto feriti. In serata i lanciarazzi Grad erano ancora in azione nel quartiere Solnetchny. «Cerchiamo di portare medicine ed evacuare i civili — dicono fonti del ministero degli Interni ucraino — ma sempre sotto il fuoco nemico, i bombardamenti non si fermano». Cinquanta chilometri a nordovest i separatisti proseguono l’offensiva per conquistare Debaltseve, strategico snodo ferroviario verso Lu-hansk che in pochi giorni è passato da 25 mila a 7 mila abitanti. Al calar della notte i governativi avevano quasi perso la vicina Vuhlehirsk.
Oggi a Kiev atterra il segretario di Stato Usa John Kerry. Con dichiarazioni piene di fiducia, in questi giorni il presidente ucraino Petro Poroshenko ha alzato le aspettative per gli aiuti militari che sarebbero in arrivo dagli Stati Uniti. Nessuna decisione è stata ancora presa ma nel corso di un’audizione al Congresso Ashton Carter, scelto da Barack Obama come prossimo capo del Pentagono, si è detto «incline a fornire a Kiev armi, anche letali». «Di kalashnikov ne abbiamo a sufficienza — ha dichiarato di recente il ministro degli Esteri ucraino Pavlo Klimkin —. Abbiamo bisogno di attrezzature sofisticate, radar e strumenti di comunicazione». Le forniture americane (per un valore stimato di tre miliardi di dollari) incontrano la ferma opposizione di Francia e Germania e rischiano di allontanare definitivamente ogni possibilità di dialogo con Mosca, accusata di sostenere i separatisti con uomini e mezzi. A breve la cancelliera tedesca Angela Merkel arriverà a Washington, la crisi ucraina sarà uno dei temi al centro dell’incontro con Obama. Dopo il fallimento dei colloqui di Minsk tra governo centrale e filorussi, ieri l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini è tornata a invocare «la fine immediata dei combattimenti». Anche papa Francesco è intervenuto sullo «scandalo della violenza fratricida tra cristiani». Una violenza che dall’aprile 2014 ha ucciso oltre 5 mila persone.
Maria Serena Natale
Un nuovo giorno a Donetsk. A gennaio i colpi di mortaio avevano ucciso otto persone alla fermata dell’autobus. Secondo le Nazioni Unite sono 220 i civili assassinati nelle ultime tre settimane. L’esercito di Kiev denuncia un’ottantina di attacchi con artiglieria pesante sferrati dai filorussi contro postazioni militari e villaggi circostanti in 24 ore, due soldati caduti, diciotto feriti. In serata i lanciarazzi Grad erano ancora in azione nel quartiere Solnetchny. «Cerchiamo di portare medicine ed evacuare i civili — dicono fonti del ministero degli Interni ucraino — ma sempre sotto il fuoco nemico, i bombardamenti non si fermano». Cinquanta chilometri a nordovest i separatisti proseguono l’offensiva per conquistare Debaltseve, strategico snodo ferroviario verso Lu-hansk che in pochi giorni è passato da 25 mila a 7 mila abitanti. Al calar della notte i governativi avevano quasi perso la vicina Vuhlehirsk.
Oggi a Kiev atterra il segretario di Stato Usa John Kerry. Con dichiarazioni piene di fiducia, in questi giorni il presidente ucraino Petro Poroshenko ha alzato le aspettative per gli aiuti militari che sarebbero in arrivo dagli Stati Uniti. Nessuna decisione è stata ancora presa ma nel corso di un’audizione al Congresso Ashton Carter, scelto da Barack Obama come prossimo capo del Pentagono, si è detto «incline a fornire a Kiev armi, anche letali». «Di kalashnikov ne abbiamo a sufficienza — ha dichiarato di recente il ministro degli Esteri ucraino Pavlo Klimkin —. Abbiamo bisogno di attrezzature sofisticate, radar e strumenti di comunicazione». Le forniture americane (per un valore stimato di tre miliardi di dollari) incontrano la ferma opposizione di Francia e Germania e rischiano di allontanare definitivamente ogni possibilità di dialogo con Mosca, accusata di sostenere i separatisti con uomini e mezzi. A breve la cancelliera tedesca Angela Merkel arriverà a Washington, la crisi ucraina sarà uno dei temi al centro dell’incontro con Obama. Dopo il fallimento dei colloqui di Minsk tra governo centrale e filorussi, ieri l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini è tornata a invocare «la fine immediata dei combattimenti». Anche papa Francesco è intervenuto sullo «scandalo della violenza fratricida tra cristiani». Una violenza che dall’aprile 2014 ha ucciso oltre 5 mila persone.
Maria Serena Natale
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