Nuovo attacco nel cuore dell’Europa

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PARIGI Una registrazione audio ottenuta dalla Bbc coglie il momento esatto dell’attentato. A Copenaghen sono le 16 di sabato, nel centro culturale «Krudttønden» è in corso un dibattito su «Arte, blasfemia e libertà di espressione» in omaggio ai morti di Charlie Hebdo . Sta parlando Inna Shevchenko, portavoce delle Femen. Sta argomentando con calma, in inglese: «Mi sono accorkta che ogni volta che parliamo dell’attività di queste persone, c’è sempre qualcuno che dice “Sì, è la libertà di espressione, ma…”. E la parola chiave è quel “ma”. Perché diciamo ancora “ma” quando…». Inna Shevchenko non fa in tempo a finire la frase, cominciano gli spari: decine e decine, ravvicinati ma non a raffica. Spari determinati, non isterici. Gli invitati si riparano sotto i tavoli, si salveranno. La vittima è un passante di 40 anni colpito all’esterno del centro, i tre feriti sono i poliziotti che controllavano l’accesso alla sala accanto al metal detector. La loro reazione ha messo in fuga il terrorista. A tarda sera lo stavano ancora cercando.
Nella notte, ci sono stati spari contro la sinagoga Krystalgalde di Copenaghen, dove era in corso una festa privata. Una persona è stata ferita gravemente alla testa, due poliziotti hanno riportato ferite più lievi a un braccio e a una gamba. Anche l’attentatore della sinagoga — non è chiaro se si tratti della stessa persona dell’attacco al centro culturale — è riuscito a scappare. La polizia ha chiesto ai cittadini di restare in casa ed evitare il centro di Copenaghen, la stazione di Nørreport è evacuata. Come a Parigi, prima l’attacco contro la libertà di espressione, poi l’attentato antisemita.
Qualche ora prima, la polizia danese aveva diffuso una foto e la descrizione del terrorista al centro «Krudttønden»: «Maschio, 25-30 anni, circa un metro e 85, corporatura atletica, di aspetto arabo ma con una pelle più chiara del solito, capelli neri lisci. Durante l’attacco indossava una giacca a vento nera o blu scura con pantaloni dello stesso colore e presumibilmente guanti. Aveva il viso coperto fino agli occhi con un passamontagna giallo/arancione e rosso. Ha usato un fucile mitragliatore lungo 90-100 cm».
Al dibattito stavano partecipando l’ambasciatore di Francia in Danimarca, François Zimeray, la «Femen» Inna Shevchenko (nel 2013 presa a modello per l’immagine della Marianna di Francia sui francobolli delle poste francesi), e il disegnatore satirico svedese Lars Vilks, oggetto di minacce e tentativi di omicidio da quando nell’estate del 2007 disegnò un Maometto con corpo di cane. È possibile che l’obiettivo principale fosse Vilks.
Kurt Westergaard è il disegnatore danese che a fine 2005 fu autore, per il quotidiano Jyllands Posten, della celebre caricatura di Maometto con un turbante a forma di bomba: cominciò così la crisi delle vignette che, passata attraverso la strage di Charlie Hebdo del 7 gennaio a Parigi, continua ancora oggi. Westergaard è a sua volta scampato a tentativi di omicidio. «È un attacco spaventoso — dice al giornale Berlingske Tidende — ma purtroppo non mi sorprende. Ogni volta che qualcuno disegna il profeta finisce male. Conosco molto bene Lars Vilks, è una persona coraggiosa e tenace. Chi ha compiuto l’attentato non riuscirà a piegarlo».
L’ambasciatore francese François Zimeray ha scritto il tweet in inglese « Still alive in the room » (sono ancora vivo nella sala) pochi istanti dopo gli spari, e racconta all’Afp: «Hanno sparato verso di noi dall’esterno. Volevano fare come con Charlie Hebdo solo che non sono riusciti a entrare. Direi che ci sono stati almeno 50 colpi di arma da fuoco, i poliziotti qui ci dicono circa 200. Alcune pallottole sono passate attraverso le porte, tutti si sono gettati a terra».


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