Novanta bambini rapiti in Sud Sudan durante gli esami

by redazione | 22 Febbraio 2015 11:46

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Mai stato un problema nel Paese più giovane del mondo, durante la guerra più vecchia della Terra, reperire bambini soldato. Li forniscono le fazioni in lotta, i genitori che non sanno come sfamare i figli. Questa volta c’è stato bisogno di rapirne novanta, è questa la notizia.
L’ha denunciato ieri l’Unicef: da un campo profughi nei pressi di Malakal, nello Stato dell’Alto Nilo, un gruppo armato ha portato via quasi cento ragazzi dai 12 anni in su. Sono passati di capanna in capanna, nella stagione degli esami che li ha resi più rintracciabili. In Sud Sudan sono sfortunati pure quelli che vanno a scuola.
Non sono molti. La stessa Unicef, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di infanzia, prima di denunciare il ratto degli studenti aveva appena dato una buona notizia: 400 mila minori dai 3 ai 18 anni torneranno a scuola dal prossimo anno. Erano stati costretti ad abbandonare tutto a causa della guerra civile tornata a divampare nel 2013, dopo una pausa di pochi anni, riprendendo così una tradizione di combattimenti che, pur con protagonisti e motivazioni diverse, risale agli anni Cinquanta. L’ultima guerra è cominciata quando il presidente Salva Kiir, di etnia Dinka, ha accusato il deposto numero due Riek Machar, di etnia Nuer, di organizzare un colpo di Stato. Il conflitto ha fatto almeno 10 mila morti, 1,5 milioni di rifugiati e 2,5 milioni di persone a rischio di morte per fame. Pance e scuole vuote, milizie al completo: secondo l’Onu soltanto l’anno scorso almeno 12 mila bambini sono stati impiegati sotto le armi, in un Paese nato nel 2011 tra mille speranze di pace. Nelle scorse settimane i due contendenti hanno firmato l’ennesimo armistizio, mai rispettato.
Chi ha rapito i ragazzi di Malakal non è chiaro. Le vittime di questa operazione, che non ha precedenti nel Paese e sembra copiare i sequestri di massa compiuti da Boko Haram in Nigeria, appartengono a un’etnia diversa da quelle dei contendenti. Gli Shilluk, terza tribù del Paese, sono rimasti in larga parte neutrali nel decennale conflitto tra Dinka e Nuer. La neutralità non li ha risparmiati, anzi in questo caso ne ha fatto giovane carne da cannone.
I governativi smentiscono il coinvolgimento dell’esercito regolare. I ribelli tacciono. La settimana scorsa Human Rights Watch aveva accusato entrambe le parti di fare uso di baby soldati. Il mese scorso l’Onu si era assicurata l’impegno di tutti per far tornare a casa tremila child soldiers . Ieri 90 nuove reclute dai 12 anni in su: studenti fortunati che studiavano per gli esami.
Michele Farina
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