Movimenti e nuove regole ecco il piano del leader Fiom per dare la scalata alla Cgil

by redazione | 25 Febbraio 2015 9:34

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ROMA . Scalare la Cgil. Maurizio Landini, 53 anni, leader della Fiom, promuoverà sì la “coalizione sociale” per dare rappresentanza politica al lavoro e aggregare un’area del dissenso sociale di sinistra, ma il suo vero obiettivo è diventare il segretario generale della Cgil nel 2018, quando scadranno sia il suo mandato tra i metalmeccanici sia quello di Susanna Camusso al vertice della confederazione. Ecco perché continua a ripetere che intende fare il sindacalista. Nel 2018 sono previste anche le elezioni politiche ma questa potrebbe, alla fine, essere solo una coincidenza.
Tra tre anni Landini se ne andrà, per statuto, dalla Fiom, non prima. Ma intanto dovrà cominciare a giocarsi la partita per salire al quarto piano del palazzo di Corso d’Italia 25, dove c’è l’ufficio del segretario generale della Cgil. Partita lunga e difficile perché nei prossimi due anni cambieranno molti dei grandi elettori cigiellini. Ci sarà un riassetto del gruppo dirigente con il ricambio del segretario generale in molte categorie, dalla scuola ai trasporti; dagli edili alla scuola. Un turnaround, anche generazionale, che potrebbe, ma non è scontato, favorire la scalata di Landini. Di certo, al netto dei prevalenti meccanismi di cooptazione, cambierà la geografia della Cgil rispetto a quella disegnata più o meno un decennio fa. E, visto che entro l’anno dovrebbe tenersi la conferenza d’organizzazione, potrebbero essere modificate anche le regole per l’elezione del segretario generale: oggi lo fanno i gruppi dirigenti, domani potrebbe esserci un qualche coinvolgimento diretto degli iscritti, oppure dei delegati di base eletti dai lavoratori. Escluso che la Cgil possa introdurre le primarie che Landini aveva proposto. Certo se lo facesse spianerebbe la strada al leader della Fiom che non avrebbe rivali, come ammettono in molti anti- landiniani dell’apparato sindacale. A parte la Camusso, Landini è l’unico altro leader della Cgil. Venerdì scorso, lui metalmeccanico, è stato invitato a Mestre in un’assemblea in vista delle prossime elezioni per le Rsu nel pubblico impiego. È finita con gli impiegati pubblici a fare i selfie con Landini e a chiedergli gli autografi. Sergio Cofferati, che dopo l’uscita dal Pd sta dando vita a un’associazione politica molto compatibile con il progetto della “coalizione sociale” sostiene che già oggi Landini dovrebbe fare il segretario della Cgil.
L’insistenza con cui Landini chiede il rinnovamento del sindacato con maggiore trasparenza, partecipazione e democrazia ha natura politica e strategica ma è anche tattica. Perché una semplificazione delle regole affidando un ruolo pure agli iscritti favorirebbe la sua scalata di sindacalista con venature populiste. In tutti i casi molto dipenderà dal ruolo che vorrà giocare Susanna Camusso: scegliere il suo successore come fecero sostanzialmente Cofferati con Guglielmo Epifani e quest’ultimo con la Camusso oppure fare un passo indietro e lasciare “libertà di voto”, come fece a suo tempo Bruno Trentin? Ad oggi si dice che la Camusso abbia qualche preferenza per Serena Sorrentino (classe 1978), napoletana, segretaria confederale dal 2010, responsabile delle politiche del lavoro, rigorosa, ma assai meno carismatica di Landini e senza l’esperienza di aver guidato una categoria della Cgil.
Nella sua scalata, Landini cercherà di mantenersi all’interno della maggioranza della Cgil. Era minoranza al congresso dello scorso anno. Perse. Ma proprio l’arrivo di Matteo Renzi a Palazzo Chigi e la sfida che da lì è partita al sindacato ha ricomposto l’unità della Cgil. I Direttivi della confederazione ormai si concludono sempre con un voto pressoché unanime, salvo qualche distinguo nel dibattito e quegli equilibrismi conclusivi che solo i sindacalisti sono in grado di inventare. Per esempio tutta la Cgil è a favore della raccolta delle firme per una legge per un Nuovo Statuto dei lavoratori, non tutto il gruppo dirigente è favore del referendum abrogativo sul Jobs Act, che invece chiede la Fiom di Landini. È passata la linea che “non esclude” il ricorso al referendum.
Landini intanto continuerà a far politica. Perché la sua Fiom, nella quale pesa non poco il pensiero del suo predecessore Gianni Rinaldini, è un sindacato-movimento, un ibrido di sinistra, un ircocervo sociale che sta insieme ai movimenti di base, ai No Tav, ai difensori dei beni comuni, alla Rete degli studenti. E che già da tempo collabora con l’associazionismo che va da Libera di Don Ciotti ad Emergency di Gino Strada. All’ultimo congresso per loro e Stefano Rodotà è stata standing ovation. Ed è a partire da loro che l’assemblea dei circa 600 delegati di fabbrica della Fiom venerdì e sabato getterà le basi a Cervia della “coalizione sociale” evoluzione dal basso dell’appello “La via maestra” a difesa della Costituzione firmato nel settembre del 2013 oltre che da Landini dalla costituzionalista Lorenza Carlassare, da Don Ciotti, da Rodotà e l’ex giudice costituzionale Gustavo Zagrebelsky. La Fiom sarà il soggetto promotore, l’aggregatore. Non precisamente il mestiere del sindacato.
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