Minsk, tra escalation verbale e militare

by redazione | 11 Febbraio 2015 10:00

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Kiev si dice «pre­oc­cu­pata», Mosca «pronta all’escalation» se non si rag­giun­gerà alcun accordo e Washing­ton invierà aiuti mili­tari a Kiev, gli Usa, via segre­ta­rio di Stato Kerry, si dicono «favo­re­voli» circa la pos­si­bi­lità di inviare armi all’Ucraina (l’indeciso sarebbe Obama), l’esercito ucraino e le mili­zie ribelli si stanno scan­nando nelle regioni orientali.
È il tetro qua­dro che pre­cede di poche ore l’incontro a Minsk, che dovrebbe pro­vare a ricu­cire una situa­zione che pare ormai sfug­gita di mano. Ieri si è svolta una prima seduta del «gruppo di con­tatto tra Kiev, Mosca, Osce e sepa­ra­ti­sti», secondo quanto scritto dall’agenzia Inter­fax, che ha citato «una fonte vicina alla pre­pa­ra­zione dell’incontro di Minsk ».
«La prio­rità — ha detto la fonte — è il ces­sate il fuoco e lo svi­luppo di mec­ca­ni­smi per moni­to­rarne il rispetto». In pre­ce­denza il Crem­lino aveva annun­ciato que­sta prima riu­nione di con­tatto, men­tre ieri sono nuo­va­mente risuo­nate in modo sini­stro le parole che arri­vano dagli Stati uniti, dove si raf­for­ze­rebbe ogni giorno di più la fazione di chi ritiene che la cau­tela di Obama abbia effetti dele­teri, rischiando di tra­sfor­marsi in un peri­co­loso appea­se­ment nei con­fronti di Vla­di­mir Putin.

«È una situa­zione seria, e si ha la sen­sa­zione che il pre­si­dente non lo com­prenda», ha affer­mato, par­lando con il Washing­ton Post, un ex fun­zio­na­rio dell’amministrazione che da tempo — è spe­ci­fi­cato — si occupa di Ucraina. Ana­lo­ghe sen­sa­zioni le ha espresse Den­nis Ross, diplo­ma­tico di lungo corso, già inviato di Bill Clin­ton per il Medio Oriente e e con­si­gliere del segre­ta­rio di Stato Hil­lary Clin­ton per l’Iran. «Il rischio di pun­tare sulla debo­lezza e lasciare che la cosa si evolva è che Putin può anche così pro­vo­care molti danni», ha affer­mato Ross, ora ana­li­sta al Washing­ton Insti­tute for Near East Policy.

E secondo i con­sueti bene infor­mati, le que­stioni medio­rien­tali pese­reb­bero non poco. La cau­tela di Obama deri­ve­rebbe dal nego­ziato ira­niano sul nucleare, che sta vivendo le fasi cru­ciali a Gine­vra. Obama dun­que agi­rebbe in modo cauto rispetto a Putin, per non com­pro­met­tere il suo poten­ziale ruolo posi­tivo a mar­gine di quella trat­ta­tiva. Oltre a que­ste rifles­sioni di carat­tere geo­po­li­tico, ci sono alcune con­si­de­ra­zioni che pre­ce­dono qual­siasi deci­sione verrà presa a Minsk, con l’auspicio che si possa arri­vare ad un – quanto meno — «ces­sate il fuoco». Innan­zi­tutto la con­di­zione eco­no­mica del paese.

Secondo quanto scritto ieri da Reu­ters, «il Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale sta­rebbe valu­tando un pac­chetto di aiuti molto più grande per l’Ucraina, rico­no­scendo che il paese è sull’orlo della bancarotta».

Una fonte avrebbe detto alla Reu­ters che il pac­chetto com­ples­sivo potrebbe arri­vare a circa 40 miliardi di dol­lari. Un team del fondo mone­ta­rio sarebbe da giorni a Kiev per col­lo­qui con le auto­rità ucraine, per ragio­nare sul raf­for­za­mento del soste­gno finan­zia­rio. A gen­naio sarebbe stato deciso un pro­gramma di finan­zia­mento più a lungo ter­mine e supe­riore ai 17 miliardi pre­vi­sti. Secondo le fonti dell’agenzia Reu­ters, «17 miliardi dol­lari non sareb­bero suf­fi­cienti a sal­vare l’Ucraina».

Infine, una con­sta­ta­zione, per molti versi simile alla cau­tela di Obama su Putin. Si parla infatti di accordo, nego­ziato, ma non si nomina più la Cri­mea, con­si­de­rata da mezzo mondo la respon­sa­bi­lità più pesante di Putin nei con­fronti dell’inegrità ter­ri­to­riale ucraina. L’annessione della Cri­mea sem­bra data ormai per scon­tato, tanto dai russi, ma è logico, quanto da euro­pei e da Poro­shenko. Come mai, infatti, Kiev non riven­dica più quella zona di paese annessa alla fede­ra­zione russa? Secondo Ful­vio Sca­glione, che ne ha scritto sull’ultimo numero di Limes, la rispo­sta è sem­plice: la Rus­sia ha per­messo la riat­ti­va­zione di alcuni impianti pre­ce­den­te­mente chiusi della Roshen, l’azienda che pro­duce cioc­co­lato, di pro­prietà di Poroshenko.

Sarebbe dun­que in atto una sorta di gentlemen’s agree­ment, sug­ge­ri­sce Sca­glione: Putin ha assi­cu­rato il busi­ness a Poro­shenko, che in cam­bio avrebbe «dimen­ti­cato» la Crimea.

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