Ma dove sono finiti i soldi della troika?
Renzi sosterrà Tsipras od obbedirà alla Merkel? L’Italia investirà e uscirà dalla crisi solo se il Fiscal Compact sarà cancellato: la paura di un fallimento greco e di un’uscita di Atene dall’euro è un’occasione per gli alfieri della crescita. Per capire cosa accadrà nei prossimi vertici Ue occorre partire da tre questioni: dove sono finiti gli oltre 200 miliardi della Troika per il finto salvataggio della Grecia? Perchè il taglio del debito greco (avanzato da Tsipras oggi) fu proposto dai membri non europei del Fmi nel 2010 e bocciato dai membri europei del Fmi? Cosa ha ottenuto Renzi sulla flessibilità nel semestre europeo?
Dal 2010 la Grecia ha avuto 226,7 miliardi di euro in prestito dalla Troika attraverso l’Economic adjustment programme e il Second economic adjustment programme. Più del suo Pil. 15,3 miliardi hanno finanziato il disavanzo primario e 11,7 miliardi il fabbisogno di cassa del governo greco. E il resto dei soldi come è stato usato? Con 11,3 miliardi il debito è stato riacquistato, 81,3 miliardi sono serviti per onorare il debito in scadenza, 9,1 miliardi sono stati restituiti al Fmi, 2,3 miliardi sono serviti per il capitale all’Esm, 48,2 miliardi sono stati usati per ricapitalizzare le banche greche, 40,6 miliardi per pagare gli interessi dei debitori precedenti, 34,6 miliardi per il taglio del valore nominale dei bond sovrani.
I prestiti della Troika alla Grecia non hanno risanato i buchi del bilancio ellenico. Al contrario hanno ricapitalizzato le banche greche, pagato i creditori dello Stato e dei privati greci, principalmente le banche tedesche e francesi. Più dell’80% degli «aiuti» della Troika è andato a beneficio diretto o indiretto del settore finanziario (nazionale ed estero). Entro il 2012 il sistema finanziario tedesco ha ridotto la sua esposizione in Grecia dell’80%. Nel contempo al danno si è aggiunta la beffa. Il finto aiuto della Troika è stato usato per costringere la Grecia a un programma di austerità fiscale e salariale.
Chi ha fatto obiezioni al finto salvataggio della Troika? Paradossalmente alcuni membri del Fmi, terzo membro della Troika. Il 7 ottobre 2013 il Wall Street Journal ha pubblicato i verbali della riunione del Fmi del 9 maggio 2010 in cui fu approvato il primo piano di aiuti per la Grecia: oltre quaranta Paesi non europei (circa il 40% del board) erano scettici sul finto salvataggio della Grecia.
Il direttore esecutivo per il Brasile, Paulo Nogueira Batista, considerava rischiosissimo il bailout (salvataggio): salvava i creditori della Grecia, ovvero le banche europee, e non salvava la Grecia.
Paradossalmente alcuni esponenti del Fmi proponevano un taglio al debito greco (avvenuto poi nel 2012) al posto di un mega prestito. Con quale motivazione? Un prestito esorbitante rispetto al Pil greco avrebbe reso il debito greco insostenibile e quindi non restituibile. Ciò che dice Tsipras ora. Oggi come allora la Commissione Europea e la Bce si oppongono al taglio del debito greco per evitare perdite ai creditori.
Renzi ha sbandierato la Comunicazione di Bruxelles del 13 gennaio come un successo della sua Presidenza. Concretamente un contributo italiano al Piano Juncker non sarà contato come ulteriore deficit per il raggiungimento dell’Obiettivo di Medio Termine perchè l’Italia non è sotto procedura di infrazione. L’Italia potrebbe versare 20 miliardi per il piano Juncker, quei soldi potrebbero essere investiti in Baviera invece che al Sud, ma non sarebbero computati nel nostro deficit. Grande risultato!
E veniamo alla «clausola investimenti»: saranno escluse dal calcolo della deviazione dall’Obiettivo di Medio Termine le spese per i progetti finanziati a livello nazionale che innalzino il tasso di crescita potenziale. Non cambierà nulla poichè tale «clausola investimenti» si applica a condizione che la deviazione non porti il rapporto Deficit/Pil oltre il 3%.
Risultato? Il cofinanziamento italiano ai fondi Ue ( 40 miliardi fino al 2020) continua a non essere escluso dal computo del rapporto Deficit/Pil perchè l’Italia deve sempre stare sotto il 3%. Risultato? Niente investimenti.
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