1. Come è fatta la Libia
La Libia ha sei milioni di abitanti e un territorio sei volte l’Italia. La maggior parte dei libici vive sulla costa, il resto del territorio è praticamente desertico. Ci sono due grosse regioni, divise dal Golfo della Sirte: la Tripolitania a ovest e la Cirenaica a est. Le riserve di gas e petrolio sono soprattutto all’interno.
2. Riepilogo delle puntate precedenti
Dopo la caduta del regime di Mu’ammar Gheddafi, nel 2011, in Libia è successo un po’ di tutto. Di elezioni parlamentari ce ne sono state due, nel 2012 e nel 2014. La Libia è rimasta però sotto il controllo di moltissime milizie: alcune non hanno riconosciuto le elezioni del 2014 e hanno formato a Tripoli, in Tripolitania, un governo e un parlamento alternativi a quelli “ufficiali”.
3. Chi sta combattendo?
Semplificando, gli schieramenti in Libia sono due. A Tubruq, nell’est della Libia, si è insediato il governo uscito delle elezioni 2014, riconosciuto dalla comunità internazionale e il cui primo ministro è Abdullah al Thinni. A ovest governano le milizie islamiste – la coalizione si chiama “Alba della Libia”: Tripoli, la capitale della Libia, è sotto il loro controllo.
4. Chi è il generale Haftar
Khalifa Haftar è un generale dell’esercito della Libia: all’inizio sembrava intenzionato a compiere un colpo di stato contro al Thinni. Oggi è “alleato” – o per meglio dire è fedele – al governo “ufficiale” con sede a Tubruq e combatte le milizie islamiche (nei mesi scorsi le forze di Haftar hanno anche compiuto dei bombardamenti).
5. Cosa c’entra lo Stato Islamico
Attualmente ci sono due città libiche controllate almeno in parte da milizie considerate vicine allo Stato Islamico: Derna, nell’est della Libia non troppo lontano da Tubruq, e Sirte, di cui si è parlato negli ultimi giorni (qui fino a poche settimane fa c’erano uomini di Alba della Libia). Sembra che l’IS in Libia sia formato soprattutto da libici tornati dalla guerra in Siria: secondo alcune conta circa un migliaio di miliziani.
6. Cos’è successo con i copti
Tra dicembre 2014 e gennaio 2015 una milizia libica affiliata allo Stato Islamico ha rapito 21 cittadini egiziani di religione copta nella zona di Sirte: un video che dice di mostrare la loro decapitazione su una costa della Libia è stato diffuso domenica, mentre una foto di loro era stata pubblicata nell’ultimo numero della rivista dell’IS, “Dabiq”. L’Egitto appoggia apertamente il generale Haftar e il governo legittimo e ha avviato una serie di bombardamenti su alcuni obiettivi della Libia dove ritiene ci siano campi di addestramento e armi degli affiliati all’ISIS.
7. Cosa ha detto il governo italiano sulla Libia
Il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ha detto che in Libia «l’Italia è pronta a combattere nel quadro della legalità internazionale». In un’intervista pubblicata domenica 15 febbraio sul Messaggero, il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha detto che l’Italia «immagina» di guidare un’eventuale coalizione internazionale e che il suo impegno potrebbe essere “numericamente significativo” come quello compiuto in Afghanistan (si parla di circa 5mila militari).
8. Gli interessi dell’Italia in Libia
L’Italia è il paese europeo più vicino alla Libia: il 21 per cento del petrolio acquistato dall’Italia e circa il 10 per cento del gas arriva dal territorio libico (anche se negli ultimi due anni le forniture sono state incostanti). La situazione che c’è ora in Libia è anche considerata tra le principali cause dell’aumento degli arrivi di immigrati tramite il Mediterraneo centrale (più di centomila nel corso del 2014, il doppio del 2013).
9. Ma alla fine, l’Italia può intervenire in Libia?
Le dichiarazioni di Gentiloni e Pinotti lasciano intendere che l’Italia è disposta ad intervenire soltanto con il “consenso internazionale”, cioè con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che autorizzi l’intervento militare. Quindi una risoluzione in cui nessuno dei membri permanenti con diritto di voto usi il veto.