Del resto, oggi non si arriverà a nessun accordo. E nemmeno domani all’incontro tra i capi di stato europei. L’ultima spiaggia è così l’Eurogruppo bis di lunedì prossimo: se in quell’occasione non si arriverà a un’intesa, non ci sarà il tempo per la ratifica nei singoli Parlamenti nazionali entro il 28 febbraio, data in cui scade il piano di aiuti della Troika. E per Atene l’uscita dall’euro sarebbe un’ipotesi concreta. «Non la escludiamo nemmeno noi», ha detto Varoufakis. Se da Bruxelles non arriveranno soldi, è il messaggio del ministro alla Difesa ellenica Panos Kammenos, «li cercheremo altrove». L’America in prima istanza, ma forse anche Russia o Cina.
Il governo Tsipras si presenta all’appuntamento di oggi fresco della fiducia del Parlamento e con l’appoggio del 79% dei greci secondo l’ultimo sondaggio Gpo. Non solo. In diverse capitali europee – Roma compresa – sono previsti presidi di piazza a sostegno della posizione di Atene. Un’onda lunga che se prenderà consistenza potrebbe in qualche modo condizionare anche le scelte politiche.
Proprio questo è una delle ragioni della rigidità dei falchi del rigore. Convinti che troppe concessioni a Syriza possano diventare un regalo (anche in termini di consensi) al fronte anti-austerity a cominciare da Podemos.
Un sostegno alla Grecia è arrivato ieri di nuovo dagli Usa: «Serve buon senso da parte di tutti», ha detto il segretario al Tesoro di Washington Jacob Lew. «All’Eurogruppo inizia un percorso che spero positivo», gli ha fatto eco Pier Carlo Padoan.