La proroga, infatti, è terminata ieri e da domani, lunedì 2 febbraio, inizieranno le lunghe, tristi e feroci operazioni di sgombero attraverso l’uso della forza pubblica. A Roma tutte le componenti dei movimenti per la casa sono mobilitate. Nel quartiere di Testaccio il corteo ieri ha lanciato i primi tre picchetti a difesa delle famiglie sotto sfratto: nei quartieri dell’Alessandrino, in quello di Pietralata e a Ostia.
«Togliamo di mezzo il mondo di sopra, lo slogan della mobilitazione romana. Il riferimento era all’organizzazione criminale cosiddetta Mafia Capitale gestita da Massimo Carminati che, tra l’altro, sfruttava a Roma l’esistenza di migranti, rifugiati e sfrattati per incassare i fondi pubblici per la gestione dei Cie, dei centri rifugiati e dei residence destinati ad accogliere le famiglie in emergenza abitativa.
I movimenti della casa criticano fortemente il sindaco Ignazio Marino, e la sua giunta di centro-sinistra. Nel mirino c’è la nomina ad assessore di Alfonso Sabella, processato e archiviato per i fatti del G8 a Bolzaneto; la conferenza urbanistica prevista in primavera che «sarà un nuovo assalto al territorio»; la cementificazione prevista per il nuovo stadio della Roma o la rischiosissima candidatura della Capitale alle Olimpiadi del 2024 per infiltrazioni mafiose e corruttive.
La loro proposta è il riacquisto e la rigenerazione degli edifici occupati e ristrutturati. Come l’edificio del Porto Fluviale a Roma, un palazzo occupato da 11 anni e affrescato dallo street artist Blu in modo ammirevole. «È stato sottratto al commercio e alla speculazione — sostiene Luca Fagiano del Coordinamento cittadino lotta per la casa — ora va assegnato a chi lo ha conquistato». La solidarietà del corteo è andata a Papis, Amid e Alex, tre migranti che sono stati portati nel Cie di Ponte Galeria dopo avere partecipato all’occupazione dell’Anagrafe romana per 14 giorni, poi sgomberata. «Devono essere liberati subito». A Roma i movimenti torneranno a sfilare contro il leader della Lega Salvini che manifesterà nella Capitale il 28 febbraio.
L’emergenza abitativa ha mobilitato tutti i sindacati degli inquilini e investe l’intera penisola. Ha portato gli enti locali, in particolare sulla vicenda degli sfratti per finita locazione, a lanciare l’allarme con gli assessori alla casa di Roma, Napoli e Milano. Pd, Sel e Movimento 5 Stelle hanno presentato emendamenti al Milleproroghe per chiedere al governo il rifinanziamento del relativo fondo attualmente del tutto inadeguato e una legge organica sulla casa. Una richiesta alla quale il governo Renzi non sembra essere sensibile, rivelando piuttosto un tratto peculiare: il privilegio dell’idea di proprietà e la sanzione dei diritti fondamentali con l’articolo 5 del «piano casa«. Il muro non è del tutto impenetrabile. L’Unione Inquilini ha segnalato la retromarcia del governo sulla vendita all’asta degli alloggi pubblici, nonostante la firma del decreto da parte del ministro delle Infrastrutture Lupi. Irrisorie restano le risorse destinate al contrasto dell’emergenza degli sfratti per morosità incolpevole. Solo a Roma ne sono esecutivi oltre 7 mila.
I movimenti toscani hanno contestano la legge regionale sulla casa che, tra l’altro, esclude dai bandi le famiglie che hanno occupato nei 5 anni precedenti. Da segnalare tra i 700 manifestanti a Bologna uno spezzone dei facchini che lavorano nella logistica. A Brescia, dove le famiglie sotto sfratto sono oltre 2 mila (a fronte di più di 5 mila alloggi sfitti), hanno sfilato in 500. A Milano, i movimenti e sindacati hanno contestato la messa all’asta di 10–15 mila alloggi da parte di Aler, l’ente indebitato che per conto della regione gestisce le case popolari.