La sua è una storia tipica: quella di un tranquillo ragazzo musulmano occidentale che a un certo punto si radicalizza. Nel 2009 vola con due coetanei in Tanzania, ufficialmente per un safari: ma viene rimandato indietro, c’è il sospetto che voglia unirsi ai gruppi alleati di Al Qaeda in Somalia. Ad Amsterdam viene interrogato da un agente britannico, che prova a reclutarlo come informatore. Mohammed rifiuta e da allora viene tenuto sotto controllo. Nel 2012 si trasferisce in Kuwait, dove trova lavoro e si appresta a sposarsi, ma quando rientra a Londra viene bloccato dall’antiterrorismo. Poi scompare, per riapparire in Siria, con un cappuccio sulla testa, nei panni di “ Jihadi John ”, il boia dell’Is, colui che taglia la gola agli ostaggi americani ed inglesi.
«È dal 2001», cioè dall’attacco di Al Qaeda contro le Torri Gemelle a New York, «che i servizi segreti occidentali criminalizzano i giovani musulmani in Occidente e contribuiscono a radicalizzarli, facendo di loro degli outsider, spingendoli verso la jihad», accusa Qureshi, il direttore di Cage, che è stato per anni a stretto contatto con Mohammed. Il quale, secondo Qureshi, è stato ripetutamente «molestato » e in un caso quasi «strangolato» dagli agenti che lo interrogavano. Ma Cage è considerata nel Regno Unito un’organizzazione controversa, che in passato inneggiava alla guerra santa; e gli esperti britannici esortano a non scaricare sull’Occidente la responsabilità del terrorismo. Come che sia, la Commissione intelligence della camera dei Comuni condurrà un’inchiesta per stabilire il comportamento dei servizi segreti verso Emwazi. Di certo c’è che Scotland Yard teneva d’occhio un sospetto simpatizzante della jihad di nome Mohammed Emwazi. Poi se l’è lasciato scappare, forse pensando che non fosse una priorità. E adesso dà la caccia a “ Jihadi John ”. È sempre la stessa persona, anche se non lo sembra.