I neocontadini biodinamici

by redazione | 22 Febbraio 2015 11:56

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MILANO «Faccio mio il motto: yes, we can! Sì, possiamo farcela a cambiare questo mondo, a migliorarlo. Ma dipende da voi giovani capire che bisogna amare e proteggere la nostra grande madre terra».
Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fai, il Fondo ambiente italiano, e antesignani sostenitrice dell’agricoltura biodinamica, si rivolge alle nuove generazioni dal convegno «Oltre Expo: alleanze per nutrire il pianeta» organizzato dall’Associazione per l’agricoltura biodinamica.
Catalizza l’attenzione dell’aula magna della Bocconi durante la tavola rotonda coordinata da Gian Antonio Stella e lancia la sua accusa ai fertilizzanti e diserbanti chimici: «Sono le stesse aziende che durante la Seconda guerra mondiale producevano armi e bombe. E basta immergere le mani nelle terre fertilizzate chimicamente per sentire un odore atroce. Quelle coltivate con la biodinamica hanno il profumo vero della natura, della vita».
In mattinata era intervenuto Andrea Carandini, presidente del Fai, che aveva dimostrato come un bene culturale, proponendo l’esempio del Castello di Masino, possa diventare il fulcro dello sviluppo di un territorio ritrovato e «sano».
In sala tante storie di giovani imprenditori che hanno già seguito il suggerimento di Giulia Maria Crespi. Per esempio tre fratelli Antonio (38 anni), Bandino (43) e Gianni (45) Lo Franco, titolari dell’azienda agricola «La vialla» a Castiglion Fibocchi in Valdarno: 500 ettari biodinamici dal 2005 coltivati a uva (Chianti, proclamato pochi giorni fa vino dell’anno dalla fiera Biofach di Norimberga), ulivo, pomodori, grano. Producono pasta, biscotti, marmellata, miele, formaggio pecorino: «Dal 2005 al 2010 la nostra terra ha aumentato del 72% la sostanza organica, quindi la propria vitalità. Siamo tre fratelli con otto figli in tutto e stiamo comunicando anche a loro questo modo di approcciarsi alla terra e di mangiare, la nostra pasta fatta a pietra ha un sapore inconfondibile».
Maria Grazia De Simone, 39 anni, agronoma, è l’anima della Bioagritur San Michael a Pratella, nell’alto Casertano, accanto alle sorgenti dell’acqua Lete. Coltiva soprattutto ulivi ma anche ortaggi: «La biodinamica non inquina, è in piena armonia con il contesto della natura. Le piante si aiutano l’un l’altra, le essenze medicinali accanto alle culture attirano api e permettono una buona impollinazione. Con gli agenti chimici tutto è impossibile. Capita che il coltivatore vicino ti chieda: come mai quest’anno avete magnifici pomodori e noi no? La risposta è evidente, semplicissima, sta nella nostra scelta non chimica…».
Francesco Cantini ha 32 anni e trasmette tutto il suo entusiasmo per il suo universo della Piombaia, azienda di famiglia a Montalcino, duecento ettari (cento di bosco coltivato, dodici di vigneti, due di ortaggi, quattro a uliveto): «Le terre trattate con i prodotti chimici diventano asfittiche, puzzano. I vendemmiatori da noi ritrovano la terra di un tempo, con l’aria piena di insetti, api farfalle. Magari all’inizio c’è bisogno di qualche investimento, ma poi, dopo due o tre anni, si recupera e si guadagna. All’inizio mio padre era molto perplesso. Poi, da uomo legato alla terra, ha visto i risultati. E adesso è quasi più convinto di me».
E poi c’è Enrico Amico, 44 anni, che insieme ad altri familiari conduce Amicobio, 150 ettari a Capua, e ha anche aperto un ristorante a Santa Maria Capua Vetere dedicato a Spartacus, il gladiatore nato lì. Alleva bovini di razza marchigiana e maiali casertani, coltiva grano, cereali, ortaggi e frutta sempre col biodinamico: «Vendiamo il 90 per cento dei nostri raccolti in Svizzera, Germania e Inghilterra, dove ci conoscono benissimo. Il mercato italiano invece è poco preparato al biodinamico e i prezzi sono troppo bassi». Che cosa ama di più della biodinamica? «La condivisione, la partecipazione, il fatto che ci si senta tutti una grande squadra. Perché la partita, con la biodinamica, si può vincere per davvero»
Paolo Conti
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