Fisco, la riforma slitta ancora Jobs Act sul tavolo del governo rebus licenziamenti collettivi

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ROMA . Sì al Jobs act, mentre slitta ancora l’appuntamento con le attese deleghe fiscali rinviate al prossimo consiglio dei ministri. Sul tavolo dell’esecutivo si riduce la carne al fuoco: il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, dopo un colloquio con Renzi (con telefonata congiunta a Juncker e Tsipras), ha deciso di non poter mancare all’Eurogruppo sulla Grecia. Ma vista la delicatezza delle questioni fiscali, e le passate polemiche, si è preferito attendere la presenza del titolare di Via Venti Settembre. E sempre in materia di tasse, il premier Renzi ha detto di «non essere in grado di prendere un impegno in tempi certi» sull’abbassamento di quelle sulla casa.
Il Consiglio dei ministri deve comunque varare definitivamente i due decreti attuativi del Jobs act che riguardano il contratto a tutele economiche crescenti (due mensilità per ogni anno di servizio fino al massimo di 24) con la riforma dell’articolo 18 e i nuovi ammortizzatori sociali. Sulle tutele in caso di licenziamento c’è maretta: la Commissione Lavoro della Camera ha chiesto al governo nel suo «parere» di mantenere la tutela del reintegro nel caso di licenziamenti collettivi (ad esempio, nel caso di mancato rispetto delle procedure di consultazione con i sindacati). L’esecutivo non è obbligato ma ieri il Pd ha insistito mentre Sacconi (Area popolare), che in commissione aveva votato contro, ha intimato al governo di «disattendere il parere parlamentare».
Se i due decreti attuativi arrivano al capolinea e, come ha detto ieri il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, «dal 1° marzo le imprese potranno assumere con nuove regole», in fase di decollo c’è anche un nuovo, terzo, decreto attuativo: il riordino dei contratti. Una quindicina di articoli che elimineranno forme esauste e contestate come i cococo e i cocopro, l’associazione in partecipazione e il job sharing. Nel decreto anche la possibilità – contestata dai sindacati – di demansionamento a parità di salario, mentre per il tempo determinato il tetto resta fissato a 36 mesi. Nel menù, ma in forse, anche la nuova Agenzia per i controlli sul lavoro che accorperà le specifiche funzioni di Inps e Inail (potrà contare su quasi 6.000 uomini e su una nuova legione dei Carabinieri del lavoro con sede a Roma). Contraria all’intero impianto la Cgil: «Così non si riduce la precarietà», ha detto la leader Susanna Camusso.
L’altro pacchetto cruciale, che subisce l’ennesimo rinvio, è quello fiscale. Anche in questo caso si tratta di attuare la delega che il governo ha chiesto di prorogare di tre mesi al 27 giugno. La riforma del catasto dovrà avviare un processo quinquennale che prevede il censimento di oltre 62 milioni di abitazioni: la rendita sarà sostituita dal nuovo «valore medio », si pagherà in base ai metri quadrati e al valore di mercato.
Attesa anche per la e-fattura e lo «scontrino digitale». Fatture, ricevute e scontrini fiscali cartacei andranno in soffitta a partire del 1° gennaio del 2018 (prima di questa data l’adozione sarà su base volontaria): saranno sostituiti con supporti informatici, sul modello «cloud», che permetteranno a professionisti e commercianti di scambiarsi fatture in entrata e uscita tra di loro e all’Agenzia delle entrate di monitorare. Stesso sistema per gli scontrini digitali: sarà necessario un aggiornamento delle tecnologie e dei registratori di cassa che sarà favorito con un credito d’imposta di 100 euro. Governo al lavoro poi sulla fiscalità internazionale, dove tuttavia ci sono da risolvere ancora alcuni problemi di copertura.
Infine niente più possibilità di restare al lavoro per gli statali che hanno raggiunto l’età pensionabile. Il ministro Madia ha firmato ieri sera la circolare sulla soppressione del trattenimento in servizio e sulla nuova disciplina della risoluzione unilaterale. Intervento volto a favorire il «ricambio generazionale».


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