Fidesz sconfitta e Orbán perde la maggioranza

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Ele­zioni legi­sla­tive finite male per il Fidesz. Dome­nica scorsa il par­tito guida del governo unghe­rese è stato scon­fitto a Vesz­prém, nell’Ungheria occi­den­tale, dove si è votato per l’assegnazione di un seg­gio rima­sto vacante da che l’ex mini­stro della Giu­sti­zia Tibor Navrac­sics è diven­tato com­mis­sa­rio europeo.
A pre­va­lere è stato Zol­tán Kész, can­di­dato indi­pen­dente soste­nuto dai par­titi dell’opposizione demo­cra­tica. Docente uni­ver­si­ta­rio, Kész ha adot­tato come slo­gan della sua cam­pa­gna elet­to­rale l’invito a smon­tare la mag­gio­ranza di due terzi che sof­foca il paese e otte­nuto il 43% dei voti supe­rando di nove punti per­cen­tuali Lajos Némedi, can­di­dato del Fidesz e vice­sin­daco della città.

Con que­sta scon­fitta il Fidesz perde il seg­gio messo in palio al voto di dome­nica e si ritrova con 132 depu­tati all’Assemblea nazio­nale su 199, senza più la mag­gio­ranza par­la­men­tare di due terzi con la quale, negli anni scorsi, le forze gover­na­tive ave­vano riscritto e fatto appro­vare la Costi­tu­zione e ride­fi­nito la strut­tura dello Stato in modo illi­be­rale e quindi anti­de­mo­cra­tico, secondo l’opposizione.

Zol­tán Kész ha pro­messo di lot­tare tena­ce­mente con­tro la cor­ru­zione gene­ra­liz­zata di cui viene accu­sato l’esecutivo; il con­cor­rente scon­fitto ha affer­mato che occorre accet­tare demo­cra­ti­ca­mente l’esito delle ele­zioni e farne un motivo di rifles­sione. A suo avviso, però, occorre con­ti­nuare a lavo­rare al pro­getto poli­tico intra­preso dal governo nel 2010, anno della sua schiac­ciante vit­to­ria sui socialisti.

Il risul­tato di que­sto test elet­to­rale è signi­fi­ca­tivo dal momento che è stato otte­nuto in una cir­co­scri­zione con­si­de­rata tra­di­zio­nal­mente roc­ca­forte del Fidesz. La vit­to­ria di Kész che i son­daggi della vigi­lia davano in leg­gero van­tag­gio sul suo avver­sa­rio, è una testi­mo­nianza del calo di con­sensi di cui sof­frono le forze gover­na­tive. Que­ste ultime, al voto poli­tico dello scorso aprile, ave­vano vinto le ele­zioni dovendo però regi­strare una dimi­nu­zione dei voti a esse desti­nati rispetto alle legi­sla­tive di quat­tro anni prima. Il calo del soste­gno al Fidesz-KDNP sem­bra però più dovuto a scric­chio­lii interni e al dete­rio­ra­mento del rap­porto di fidu­cia con una parte dell’elettorato, che agli argo­menti di un’opposizione sem­pre divisa e disarticolata.

Quest’ultima esulta e con­si­dera il risul­tato di dome­nica scorsa come un segno dei cam­bia­menti in corso nell’opinione pub­blica, in ter­mini di orien­ta­mento poli­tico, ma è ancora inca­pace di offrire agli elet­tori una pro­po­sta alter­na­tiva con­creta alle scelte fatte dall’esecutivo. Il primo mini­stro Vik­tor Orbán viene accu­sato dai suoi avver­sari di aver impo­sto al paese un’involuzione auto­ri­ta­ria e anti­de­mo­cra­tica e di averlo allon­ta­nato dall’Europa. La società unghe­rese con­ti­nua, dal canto suo, a far regi­strare al suo interno ten­sioni e divi­sioni pro­fonde che nes­sun governo è riu­scito a ridurre. Divi­sioni moti­vate da aspetti di carat­tere eco­no­mico e poli­tico che sono il chiaro segno di un man­cato pro­cesso di paci­fi­ca­zione nazionale.



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