Crisi greca, la posta in gioco non è solo il debito

Loading

A due set­ti­mane dalla vit­to­ria elet­to­rale di Syriza i ter­mini dello scon­tro tra il nuovo Governo greco e l’Unione Euro­pea si deli­neano con chia­rezza. Non è solo scon­tro tra dot­trine e poli­ti­che eco­no­mi­che diverse: una favo­re­vole alla spesa pub­blica, l’altra attac­cata all’austerity. E meno che mai un con­fronto tra euro sì ed euro no. In que­sta vicenda l’economia ha ceduto il posto alla poli­tica; anzi, a un puro rap­porto di forze.
Non è nem­meno, anche se così ci avvi­ci­niamo al nucleo del con­ten­dere, un con­fronto tra una poli­tica che mette al cen­tro le per­sone e una poli­tica incen­trata sul denaro. In gioco c’è l’accettazione o il rifiuto del domi­nio incon­tra­stato di chi ha il denaro su chi denaro non ne ha: quel domi­nio che Marx chiama Capi­tale, ben sapendo che esso è un rap­porto sociale, le cui poste sono la ripar­ti­zione del red­dito tra salari e pro­fitti (nelle loro varie forme), modi e tempi del lavoro, accesso ai ser­vizi sociali, appro­pria­zione di tutto l’esistente: risorse natu­rali, vita asso­ciata, ser­vizi pub­blici, sapere, genoma, salute.

Il pro­blema non è se la Gre­cia resti­tuirà o no il debito che i suoi gover­nanti hanno con­tratto per suo conto, come cer­cano di farci cre­dere gli apo­lo­geti della finanza, spie­gan­doci che a pagare per i Greci rischiamo di essere noi. È chiaro che quel debito «i Greci» non lo paghe­ranno mai: non hanno il denaro per farlo ora; non lo avranno nem­meno in futuro; per almeno una gene­ra­zione. Lo sanno tutti. Ma a chi tiene i cor­doni della borsa que­sto non inte­ressa: basta che quel debito sia regi­strato nelle scrit­ture con­ta­bili e che tutti — cre­di­tori e debi­tori – si inchi­nino di fronte al suo potere. Per­ché è con quelle scrit­ture con­ta­bili che gli «gnomi» della finanza pos­sono man­dare in rovina, in 24 ore, un intero popolo per diverse gene­ra­zioni. Se e fin­ché quel potere verrà loro rico­no­sciuto. Ma disco­no­scerlo non è facile. E mette paura. Soprat­tutto se a disco­no­scerlo si rimane da soli.

Anche il con­fine tra cre­di­tori e debi­tori, peral­tro, è tutt’altro che netto. Pren­dete l’Italia. Uffi­cial­mente è cre­di­trice della Gre­cia per 40 miliardi, pre­stati attra­verso il, Bce, Fmi e Fondo salva-stati. Pec­cato che per pre­stare quel denaro alla Gre­cia con il Fondo salva-stati, il nostro paese si sia inde­bi­tato di altret­tanti miliardi, andati ad aggiun­gersi alla mon­ta­gna del suo debito pub­blico: tanto grande da met­terla a rischio di fare la stessa fine della Gre­cia. Ma è così per tutti: il debito è come una serie di sca­tole cinesi, una den­tro l’altra, di cui, soprat­tutto in Europa — dove non esi­ste più una Banca cen­trale «pre­sta­tore di ultima istanza» — non si intra­vede la fine.

Chi detiene il debito dell’Italia? Ban­che, assi­cu­ra­zioni e fondi spe­cu­la­tivi (più qual­che pic­colo rispar­mia­tore). Ma ban­che e spe­cu­la­tori hanno acqui­stato quel debito facendo altri debiti. E que­sti chi li detiene? Altre ban­che, altri fondi, altri spe­cu­la­tori. E così di seguito, fino a che non si incappa in un pugno di ric­ca­stri (l’1 per cento – o forse per mille — della popo­la­zione mon­diale) che non sareb­bero mai diven­tati tali senza essere ben inse­riti in que­sto mar­chin­ge­gno; e in un eser­cito di polli pronti per essere spen­nati. Che, per svol­gere nor­mali atti­vità di com­pra­ven­dita, o per garan­tirsi cure medi­che, vec­chiaia e istru­zione, hanno affi­dato i loro risparmi a que­gli ope­ra­tori. I quali, gra­zie alla man­canza di con­trolli, hanno rie­scono a mol­ti­pli­care quel denaro a loro esclu­sivo van­tag­gio. Sono loro, ora, i «pre­sta­tori di ultima istanza»: quelli che hanno il col­tello dalla parte del manico. Ma è un sistema tanto più fra­gile quanto più è mac­chi­noso. Un gra­nello di sab­bia potrebbe farlo cadere rovi­no­sa­mente, come sette anni fa con il fal­li­mento Leh­man Bro­thers. Ma cadere da che parte? Verso un regime ancora più auto­ri­ta­rio, o verso una società che impara a gover­narsi da sola?

Messa in que­sti ter­mini, si capi­sce la durezza di governi e auto­rità euro­pee con­tro il pro­gramma di Syriza. In gioco c’è pro­prio quel mar­chin­ge­gno, da cui dipende il destino dell’Europa così come è ora; e forse anche gran parte dei rap­porti tra le classi sociali e tra la società e l’ambiente in tutto il mondo. Se il governo Greco riu­scirà a «spun­tarla» è per­ché man­darlo in malora rischia di far crol­lare il castello su cui è costruito il potere di tanti governi fat­tisi tra­mite degli inte­ressi dell’alta finanza. E rischia di inne­scare un «effetto domino» capace di risuc­chiare den­tro un grande buco nero tutti i paesi più fra­gili dell’Unione euro­pea, per arri­vare poi a coin­vol­gere, uno die­tro l’altro anche quelli più solidi. Ma se il Governo greco la spun­terà, sarà anche e soprat­tutto per l’appoggio che rice­verà da una mobi­li­ta­zione che può e deve coin­vol­gere l’Europa intera. Per que­sto è così impor­tante la mobi­li­ta­zione di sabato pros­simo a soste­gno del popolo e del governo greco!

Non sarebbe una vit­to­ria da poco; sarebbe la dimo­stra­zione pra­tica che l’autorganizzazione di base e il mutuo soste­gno pagano: che le far­ma­cie e gli ambu­la­tori aperti dal volon­ta­riato, le mense popo­lari, le coo­pe­ra­tive e i far­mers mar­ket (i Gas), la tele­vi­sione di Stato che ha con­ti­nuato a tra­smet­tere su basi volon­ta­rie dopo la sua chiu­sura, le fab­bri­che auto­ge­stite, le monete alter­na­tive locali, e tutte quelle ini­zia­tive appog­giando e pro­muo­vendo le quali Syriza è diven­tata mag­gio­ranza pos­sono essere l’inizio di una rior­ga­niz­za­zione dei rap­porti sociali: un’organizzazione incen­trata non più sul potere del denaro, ma sui biso­gni delle persone.

Que­sta è la vera posta in gioco dello scon­tro in atto. Le auto­rità euro­pee non esclu­dono certo nuove forme di «aiuto» finan­zia­rio per le casse esau­ste del governo e delle ban­che gre­che; a con­di­zione, però, che venga rin­ne­gato quel soste­gno a una popo­la­zione esau­sta, a un’occupazione ridotta ai minimi ter­mini, ai biso­gni più ele­men­tari della gente; cioè al pro­gramma che l’elettorato ha votato per far valere la pro­pria dignità.

Con­ce­dere qual­cosa in ter­mini finan­ziari a un governo in crisi non costa molto: è solo un tra­sfe­ri­mento di qual­che posta da un capi­tolo all’altro dei bilanci delle parti in causa. Ma con­ce­dere qual­cosa oggi alla Gre­cia che si è ribel­lata al giogo della finanza coste­rebbe molto: sarebbe il segno che, se si vogliono rico­sti­tuire le basi di una con­vi­venza civile, si può e si deve fare a meno di «loro anche in ogni altro paese. Le pre­messe ci sono tutte e in Spa­gna con Pode­mos, o in Croa­zia con «Bar­riera umana», già si intrav­ve­dono forze che, cia­scuna a modo suo, si sono messe sulla strada che ha por­tato Syriza al governo.

E in Ita­lia? Pre­messe ce ne sono anche qui. Anzi, forse non c’è un altro paese euro­peo che abbia una ric­chezza e una varietà di lotte, di movi­menti, di comi­tati, di asso­cia­zioni, di mobi­li­ta­zioni, di ini­zia­tive grande come da noi. Ma in nes­sun altro paese la pos­si­bi­lità di que­ste forze di rap­pre­sen­tarsi poli­ti­ca­mente è così com­pressa e dispersa. Soprat­tutto dal biso­gno di auto­per­pe­tuarsi dei tanti par­titi «di sini­stra», inca­paci di quel passo indie­tro che tante volte si sono impe­gnati a fare e che mai – nem­meno ora – sem­brano capaci di attuare: per non per­dere quei pic­coli poteri che rica­vano, soprat­tutto a livello locale, di una con­so­li­data subal­ter­nità al Pd. Ma i tempi sono ormai maturi per la com­parsa di una realtà nuova, men­tre le respon­sa­bi­lità di chi impone que­sto stallo sono sem­pre più gravi.



Related Articles

«Aiuti» russi in Ucraina. Kiev: ci invadono

Loading

Entrate decine di camion russi in Ucraina. E Mosca sposta anche le artiglierie nel Paese confinante

Emergenza Sud Sudan

Loading

Guerra civile. A cinque anni esatti dall’indipendenza, il Paese è travolto dalla violenza. Lo scontro tra dinka e nuer continua a mietere vittime e crea milioni di sfollati. Solo nell’ultimo mese in 60mila sono scappati oltre confine

Acqua potabile negata a oltre 400 milioni di bambini: l’Unicef partecipa alla marcia di New York

Loading

In occasione della Giornata mondiale, l’organizzazione dell’Onu richiama l’attenzione sul fatto che ogni anno la mancanza del servizio idrico provoca

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment