Censis: il ceto medio rialza la testa

by redazione | 8 Febbraio 2015 19:43

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ROMA . Un anno fa molti di loro si sarebbero definiti precari, o poveri. Però adesso sembra essere tornata la sensazione di potercela fare, e allora fanno un passo in avanti, almeno nelle intenzioni, e si dichiarano “ceto medio”. Secondo il Diario della transizione del Censis si sente ceto medio il 55% degli impiegati, oltre il 60% dei pensionati e delle casalinghe, ma anche il 34% dei “milleuristi” e il 53% dei giovani tra i 18 e i 34 anni, nella stragrande maggioranza precari. Un anno fa aveva fatto impressione il risultato di un sondaggio Demos-Fond secondo il quale solo il 41% degli italiani si sentiva ceto medio, contro il 59,5% del 2006. Adesso è il 54% degli italiani che dichiara al Censis di essere ceto medio, e non perché nel frattempo siano aumentati i redditi, o si sia riavviato l’ascensore sociale. «Sentirsi ceto medio e non sentirsi tutti poveri appartiene a un clima che sta pian piano cambiando. — afferma il curatore della ricerca, Francesco Maietta — Al tempo stesso, fa parte del Dna degli italiani: assicurarsi una casa, il lavoro, l’utilitaria, ed essere in grado di contribuire la futuro dei figli».
Tornano dunque i “fondamentali”. E in quest’ottica allora l’aumento della propensione al risparmio registrata negli ultimi mesi non va considerata come una pericolosa trincea in vista di un futuro ancora incerto, quanto come una strategia di crescita. «Il risparmio non ha solo un valore cautelativo — conferma Maietta — piuttosto permette di mantenere la propria condizione, e di migliorarla. È un elemento di sobrietà che però non è ascetismo ». Infatti i soldi vengono spesi, ma non più in consumi disattenti, o status symbol. È di nuovo in auge «il mattone come forma di sostegno per il futuro»: 11,3 milioni di famiglie pensano di dare un aiuto ai figli lasciando in eredità la casa, 2,3 riescono anche a sostenerli dando loro un anticipo per l’acquisto di un’abitazione o fornendo le garanzie per un mutuo. Si ricomincia anche ad acquistare automobili, ma anche qui la parola d’ordine è sobrietà: a gennaio le immatricolazioni delle auto piccole, medie e delle utilitarie sono aumentate dell’11,6% su base annua, a fronte di un meno 3,2% registrato nello stesso periodo nel segmento superiore e di alta gamma.
Il ceto medio che riemerge non è ricco, e forse non lo diventerà mai. Per cui pur di risparmiare vanno benissimo i servizi in nero: il 41% degli italiani che nell’ultimo anno ha fatto ricorso ai servizi di artigiani ha saldato in contanti, senza ricevuta, come il 19% di chi ha richiesto prestazioni sanitarie. Inoltre, rileva il Censis, in quest’Italia che viene da una crisi prolungata le soglie di ingresso per la classe media sono diventate particolarmente basse: basta un piccolo investimento per avviare un’attività imprenditoriale. E questo spiega per esempio il recentissimo boom della ristorazione: i take away, le friggitorie e i punti di vendita di cibo da asporto sono cresciuti del 29% negli ultimi quattro anni, passando da 9.200 a 41.200. Segnali positivi che è importante incoraggiare: «Ci sono tanti ragazzi che hanno fatto esperienza all’estero, che sanno usare bene le nuove tecnologie, e che portano prodotti locali su mercati globali. — conclude Maietta — Anche loro sono tra iprotagonisti di questa voglia di ceto medio, che va premiata per far sì che il fenomeno si radichi. Mentre il maggiore nemico è la disuguaglianza, perché riflette una società ferma. L’Italia del miracolo economico funzionava perché in tanti crescevano, e si aveva la sensazione di potercela fare».
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