Addio alla Robin Tax “È incostituzionale” buco da un miliardo

by redazione | 12 Febbraio 2015 9:34

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ROMA . La Robin Tax non vale, non rispetta la Costituzione: varata nel 2008 dal governo Berlusconi per rimpolpare le casse dello Stato, la tassa romanticamente ribattezzata come l’eroe della foresta di Sherwood perché penalizzava i “ricchi” (petrolieri e società energetiche) per aiutare i “poveri”, d’ora in poi non potrà più essere applicata. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, precisando che la sentenza non avrà effetti retroattivi. I bilanci dello Stato quindi, almeno per quanto riguarda gli incassi del passato, sono salvi.
Dopo sette anni di polemiche, il tributo fortemente voluto dall’allora ministro delle Finanze Giulio Tremonti cesserà dunque di produrre effetti. Società petrolifere ed energetiche non dovranno più versare alcuna addizionale Ires. Lo stabilisce la sentenza redatta dal giudice Marta Cartabia, che puntualizza però due aspetti. Lo scopo del legislatore «appare senz’altro legittimo» precisa; tanto più che quello energetico- petrolifero è un settore di «stampo oligopolistico, popolato da pochi soggetti», in cui «le ordinarie dinamiche di mercato faticano ad esplicarsi». Un intervento fiscale ad hoc quindi, era giustificato; ciò che la Consulta ha bocciato è il modo in cui il tributo è stato applicato.
Tre i punti contestati: la Robin Tax, benché interessi soggetti con ricavi superiori a una certa soglia (25 milioni scesi a 10 con le modifiche alla legge), grava su tutto il reddito prodotto, non solo sugli extra-profitti. Inoltre l’addizionale, nata per fronteggiare una «congiuntura economica eccezionale», è diventata «strutturale». E senza prevedere meccanismi in grado di garantire che gli oneri in più non si traducano in un aumento del prezzo al consumo. Sentenza che non lascia spazio ai dubbi, ma che non avrà effetti retroattivi anche perché, se così fosse stato, sarebbe stata necessaria «una manovra finanziaria aggiuntiva».
Certo è che, fatto salvo il gettito ottenuto dal 2008 ad oggi, per il futuro si apre un “buco”: mancherà una quota alle entrate previste per il 2015. Quanto? Secondo Autorità per l’Energia nel 2014 la Robin Tax ha consentito di incassare circa un miliardo di euro dalle società energetiche. Quest’anno, la somma attesa era un po’ più bassa perché sono calati consumi, prezzo del greggio e anche l’aliquota (dal 10,5 al 6,5%). Enrico Morando, vice ministro dell’Economia, non esita a definire la sentenza «storica. Credo sia la prima volta che la Consulta si fa carico della possibile violazione dell’articolo 81 della Costituzione derivante da una sua decisione. In precedenza, le sentenze sono state sempre additive, senza alcuna preoccupazione per gli effetti sul bilancio». «Come mai ora sì e prima no? Semplice – aggiunge Morando – prima non era in Costituzione il principio dell’equilibrio di bilancio, né quello della sostenibilità del debito. Alla faccia di quelli che dicevano che il nuovo articolo 81 della Costituzione non cambiava niente».
Soddisfatte le aziende interessate (secondo stime del Politecnico di Milano nel 2014 sono circa 700 le società del settore energetico cui è stata applicata la maggiorazione Ires), anche perché nell’immediato si sono subito avvantaggiate in Borsa. Terna ha guadagnato il 2,26 per cento, Snam il 2,96, Enel Green Power il 2,19, A2A l’1,19, Enel lo 0,36, Iren il 3,87 per cento ed Erg lo 0,92. Assoelettrica, attraverso il presidente Chicco Testa, ritiene sia stata «risolta un’ingiustizia ma questo non cancella i danni del passato». «E’ una buona notizia – ha aggiunto il numero uno dell’Unione petrolifera, Alessandro Gilotti – ora dovremo approfondire le ricadute sia sotto il profilo economico che amministrativo ».

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